Panoramica
In provincia di Teramo, fra le piccole perle del territorio, trovate Ancarano in posizione privilegiata di “vedetta” sulla vallata del Tronto, sulla via Salaria e in prossimità del fiume Vibrata, a 20 chilometri dal mare Adriatico.
La potete raggiungere con la strada statale 16 che segue il litorale, e con una deviazione a ovest che vi porta fino alla cresta in cui sorge il paese.
State posando i piedi su un suolo antichissimo abitato dai Romani - di cui si ha traccia grazie ai resti di un insediamento rinvenuto nei pressi - e probabilmente frequentata, prima ancora, dalla popolazione italica dei Piceni della vicina Ascoli.
La tradizione racconta infatti che Ancarano sia sorto intorno a un tempio dedicato ad Ancaria, una dea etrusca venerata dai Piceni e, da cui si fa derivare il nome.
La caratteristica forma di borgo fortificato, che si schiude alla vostra vista, è il ricordo materiale del lungo periodo in cui lo dominarono i Franchi, i vescovi, gli Spagnoli, fra demolizioni e ricostruzioni. Fu infatti distrutto dai Franchi di Pipino e ricostruito da Carlo Magno, per esser poi donato al vescovo di Ascoli Piceno fino al Cinquecento quando fu conquistato dagli Spagnoli del duca d’Alba.
Il centro vi accoglie attraverso tre ingressi: Porta da Mare, che si apre verso levante, dalla parte dell’Adriatico, con il suo arco ogivale in blocchi di travertino; Porta da Monte, forse la principale del paese, che guarda a ovest verso i monti Sibillini, i monti della Laga e il Gran Sasso, e da cui partiva la strada verso il “Passo di Ancarano” sul fiume Tronto fino alla via Salaria; Porta Nuova, realizzata nel 1904 all’interno di un’abitazione privata per servire di acqua le abitazioni all'interno delle mura antiche, e in seguito trasformata in accesso cittadino.
Ecco a voi l’abitato, un salto indietro nel passato con edifici e palazzetti del XVI-XVII secolo, con minuscoli portali in pietra impreziositi di maioliche raffiguranti per lo più Santi, del XVIII-XIX secolo, oppure stemmi e decori nella chiave di volta. Le finestre dei piani nobili degli edifici del tardo Seicento o del Settecento sono invece riquadrate con cornici e modanature.
Entrate nella chiesa della Madonna della Pace, in cui si conserva la statua lignea dorata della Madonna della Pace, di Silvestro dell’Aquila, datata 1490 (il Bambino invece è un’opera realizzata in seguito); l’altare maggiore custodisce un’urna dorata del 1759 in cui sono le reliquie di San Simplicio, patrono del paese.
Come beni culturali, sono i piatti della tradizione locale, espressione della regione: formaggio fritto e “scrippelle” in testa, mentre il manicaretto tipico del luogo si chiama “li tailì de la Madonna”, tagliolini speciali preparati il giorno della festa della Madonna della Pace, che si celebra la domenica di ottobre più vicina al 22. Fateci un salto se siete nei pressi, rimarrete estasiati.
Cos’altro vedere:
- La chiesa della Madonna della Misericordia
- La chiesa della Madonna della Carità
- La chiesa di San Rocco
- La torre campania
- La casa natale dello scienziato Giuseppe Flaiani