Description
La polenta "rognosa" è lavorata dalle “sapienti e forzute” braccia del polentaro e condita con pecorino, carne di maiale, funghi, tartufi, erba selvatica o sugo di pomodoro
La preparazione richiede tempo notevole ed una tecnica legata a riti e ritmi particolari. La farina versata a pioggia nell'acqua salata, viene lavorata mescolando in continuazione per circa un’ora indurendone l’impasto con il “cazzagno”, il bastone di legno usato per girare la polenta.
Ingredienti principali per la preparazione della polenta “rognosa” sono la farina di granturco, rigorosamente ricavata da mais a otto file, macinata in mulino a pietra, utilizzando essenzialmente acqua del fiume Gizio di ovidiana memoria, l’olio Evo ricavato da olive qualità di rustica e gentile, la carne di maiale domestico, il pecorino del Monte Genzana. Può essere accompagnata da pancetta, costatine e salsicce di maiale, funghi, tartufi, mugnoli (verdura locale) e da un ottimo vino, il Montepulciano d’Abruzzo.
L’impasto non deve attaccare alle pareti del paiolo che deve essere rigorosamente di rame e deve raggiungere un grado di consistenza e di cottura che possa permettere di rovesciarla su un canovaccio di cotone o di lino posto su un tavolo da cucina e poi di essere tagliato a fette con un filo di refe, mai con il coltello. Le singole fette vengono riposte nuovamente nel caldaio ancora caldo in modo da formare strati sovrapposti. La polenta rognosa o "dei carbonai" è condita abbondantemente con salsicce, pancetta, carne di maiale, formaggio pecorino, aglio, peperoncino, olio di oliva o in altra versione con sugo di pomodoro, salsicce e pecorino riportata per qualche minuto sul fuoco per l’amalgama finale. È questa una tradizione perpetrata negli anni che dona alla polenta rognosa il gusto di un pasto prezioso dal sapore antico.
Della polenta sono note diverse varianti: da quella scura con farro o segale o grano saraceno a quella bianca con mais bianco alla gialla con farina di mais, ma la tradizione abruzzese ha la sua versione nella "rognosa", piatto tipico e “faticoso” della tradizione culinaria di Pettorano sul Gizio (AQ), uno dei Borghi più Belli d’Italia.
L’etimologia dell'attributo rognosa”, con molta probabilità, fa riferimento alla malattia procurata dall’eccessivo consumo di mais o di carne di maiale. Per lunghissimo tempo è stata un cibo di sussistenza, tanto che a causa del suo consumo continuato, senza aggiunta di altri nutrienti, ha contribuito alla diffusione di una malattia chiamata pellagra, dovuta a una insufficienza di vitamine. Secondo altri si riferisce al termine inteso come “rogna”, ossia seccatura in quanto la preparazione è molto elaborata.
É un piatto quasi irrinunciabile per gli amanti della polenta, specialmente nella stagione fredda. É un piatto che richiede convivialità, ricorda il sole ed è compagna ideale di formaggi, carni e sughetti. Vista la particolare lavorazione e l’impegno fisico richiesto, la preparazione di questo tipo di polenta è da sempre compito quasi esclusivo degli uomini. É quindi necessario che le nuove generazioni apprendano le tecniche e soprattutto siano disponibili ad imparare la faticosa arte dei polentari affinché questa tradizione non svanisca nel tempo: non si tratta quindi di semplice gastronomia, ma soprattutto di conservazione della cultura locale, di un atto d'amore per la propria terra e le tradizioni dei padri.
Attualmente la polenta, al pari di molti altri cibi poveri, sta vivendo un periodo di riscoperta come piatto gastronomico e di tradizione. E come tutti i piatti tradizionali, si può preparare a casa, ma a Pettorano sul Gizio, nel cuore dell’Abruzzo, si può vivere una particolare esperienza e frequentare la scuola di cucina per imparare la lavorazione della “polenta rognosa” con il maestro Michele Ciccolella al paiolo.
Della polenta hanno cantato musicisti, poeti e letterati, stregati da una pietanza che sa essere unica.
La polenta è un semplice antichissimo piatto formato da un impasto di acqua, sale e farina di mais. La ricerca storica e le tracce di questo importantissimo alimento, ne individuano l'origine nell'alimentazione dell'uomo delle caverne passando per le civiltà babilonesi, assire, egiziane. Dal "puls" l'impasto di cereali, come il farro, non panificabili, di epoca romana si passa ad un'alimentazione più sostanziosa con l'arrivo del mais in Europa nel 1525 e la sua diffusione nei secoli successivi presso tutte le classi sociali che rappresentò una fondamentale tappa contro la fame che in quel tempo affliggeva le classi meno abbienti. Il mais diventa cibo principale dei carbonai, dei tagliaboschi che vivevano per lunghissimi periodi dell'anno nei boschi per procurarsi legna da ardere, da costruzione e carbone.
L’origine della polenta rognosa è molto antica e rappresentò una risorsa per i tanti pettoranesi costretti a lasciare le proprie case e le famiglie per “andare a fare i carboni”. Fino alla fino alla metà degli anni ‘50, il mestiere del” “carbonaio” era infatti quello più diffuso e costituiva una delle poche fonti di sostentamento delle famiglie. Armati di roncole ed asce, i carbonai passavano lunghi periodi lontano da casa, durante i quali l’unico pasto era rappresentato dalla polenta: a colazione, a mezzogiorno come a cena, mangiavano quasi sempre polenta “scrita” senza condimento, insaporita solamente strofinandola a turno contro un’acciuga che pendeva per un filo alla “camastra”.
Ogni anno, durante le festività Natalizie, viene celebrata la “Sagra della Polenta” per non dimenticare tradizioni, sapori e riti appartenuti da millenni al paese di Pettorano sul Gizio. La “Sagra della Polenta Rognosa”, piatto dei poveri sdoganato da molti chef stellati e protagonista dell’alta cucina internazionale. Non una delle tante sagre, ma una manifestazione di importante valenza antropologica. Il classico e gustoso appuntamento della tradizione gastronomica locale, che affonda le sue origini nel 1962, è divenuto uno degli appuntamenti imperdibili dell’Epifania in Valle Peligna. Sin dal mattino presto, quasi come un rito, in vari spazi del borgo si approntano le postazioni con i paioli di rame sui fuochi accesi e, in altre cucine all’aperto, si preparano i più svariati sughi che andranno a condire la polenta. Tra musica e balli, vicino alla regina del menu, si gustano prodotti tipici locali, come Pizzelle, Crustole, Mognele e Chezzerieje. L'evento, accompagnato da mostre artigianali e vendita di prodotti enogastronomici, ogni anno richiama qualche migliaio di buongustai che, sfidando ogni condizione climatica, affollano le suggestive piazze, slarghi, vicoli dei uno dei Borghi più Belli d’Italia. (da: "Ode alla polenta" di Rosa Giammarco)