Descrizione
Si fa tra molti in giro a mano a mano, percuotendosi lievemente con le spalle or da una parte ed or dall’altra, talvolta ad un colpo, talvolta a due, serbato sempre il rigore delle cadenze... (Giuseppe Michele Gala)
Momento centrale dello storico corteo carnascialesco dei Mazzaroni che torna a colorare l'antico e suggestivo borgo di Schiavi d'Abruzzo (CH) è la spallata, ballo propiziatorio di antichissime origini, accompagnato dal "canto allusivo", una melodia di supporto alla danza nel quale si nasconde un "codice" segreto che appartiene tradizionalmente a quella singola comunità: l'inizio di una strofa o di un ritornello sono "comandi" per i partecipanti al ballo di gruppo a comporre le diverse coreografie.
É una danza che presenta una struttura complessa, con scambi ed avvicinamenti delle coppie disposte in file parallele, frontali o in cerchi. La tradizione di questo ballo è tuttora particolarmente viva a Schiavi e tutti i suoi abitanti si cimentano in questa danza soprattutto nelle riunioni ricreative organizzate in occasione di ricorrenze legate al ciclo della vita.
La Spallata è caratterizzata da colpi dati con i fianchi, con le spalle e/o con un piede a terra [...] s’ipotizza potesse rappresentare, attraverso i suoi schemi e le sue figure, le antiche strade percorse dai pastori per portare il gregge dalla montagna al mare e viceversa.
Protagonisti dei canti e dei balli rituali "I Mazzaroni", i giovani del paese, che indossano un caratteristico copricapo: il Cimiero (C'mir) di varie forme, ricoperto di colorati fiori di carta e nastri (zagarelle).
Il gruppo è capeggiato dal Pulcinella, figura centrale del carnevale schiavese, contraddistinto dalla presenza della "mazza" (sagliocca), simbolo di potere, di semidivinità e di rinnovamento.
L'allegra combriccola visita tutte le case per la rituale questua ricevendo dolci, vino e insaccati in cambio di canti e balli della tradizione.
Schiavi d'Abruzzo sorge sulle pendici del Monte Pizzuto, nel versante nord dell'alta valle del Trigno, tra boschi e pascoli, fondato probabilmente da una comunità di Slavi giunta dall’altra sponda dell’Adriatico poco prima dell’anno Mille. Nel Medioevo vi vantava possedimenti la potente Abbazia di Montecassino. Attorno all’anno Mille le si affiancarono i Borrello, cui seguirono i De Sangro ed infine i Caracciolo, del ramo dei Principi di San Buono. Tracce evidenti del borgo fortificato si conservano nel centro storico di impianto medievale, che doveva essere dominato da una fortezza di cui rimane testimonianza il nome “Castello”, a indicare il quartiere della parte superiore dell’abitato, dove è anche la Chiesa barocca di San Maurizio.
Il territorio di Schiavi d'Abruzzo apparteneva al municipio romano Terventum, odierna Trivento, nel Sannio Pentro. Risalgono al 1936 i primi rinvenimenti di reperti archeologici appartenenti al periodo preromano, romano e medievale a testimonianza del fatto che il territorio doveva ospitare sin dai tempi più antichi importanti insediamenti abitativi, con una loro documentabile continuità. L’Area Sacra dei Templi Italici, uno dei più importanti siti archeologici della regione, alle pendici del Monte Pizzuto, si trova lungo la strada provinciale che dal paese conduce al fondovalle del Trigno. Dall'area del sito archeologico, situato a quasi mille metri d'altitudine, si gode di un panorama incantevole sulla vallata del fiume Trigno che spazia dai monti Simbruini, ai Monti della Meta fino ai monti del Matese alla Majella, al mare Adriatico e alle Isole Tremiti.
Nell'area, circondata e sostenuta da un muro di cinta, in parte ancora visibile, si trovano due templi affiancati e disposti parallelamente, differenti tra loro per cronologia, di estremo interesse per la storia dell’architettura etrusco-italica, sia per l’articolazione delle parti, sia per i votivi anatomici in terracotta emersi dalle ricerche archeologiche.
Il tempio maggiore risale al III secolo a.C. e fu utilizzato come luogo di culto almeno fino al II secolo d.C., il tempio minore è del I secolo d.C. e presenta quattro colonne in laterizio. Sulla soglia è presente un'iscrizione dedicatoria in lingua osca. Nell’area sacra l’attività cultuale sembrerebbe continuare senza interruzione dall’età ellenistica fino alle soglie del XIV secolo, quando il sito fu sepolto da una frana.
Recenti indagini archeologiche hanno consentito di riportare alla luce un altare, antistante il tempio minore, una necropoli che ha sinora restituito sepolture databili dall’XI secolo a.C. al IV secolo d.C. ed un altro edificio sacro. Oggi è visibile anche la torre medievale a due livelli, eretta dietro al muro del santuario. Nel Museo archeologico, accessibile ai disabili, sono presenti i ricchi corredi di prima età imperiale provenienti dalle tombe a inumazione e a incinerazione rinvenute nella necropoli.