Descrizione
I liquori abruzzesi hanno un'antica tradizione che combina il gusto con un'indiscutibile arcaica conoscenza di fiori, frutta ed erbe aromatiche, delle loro proprietà, dei loro sapori dai quali nascono distillati di grande qualità, molto apprezzati anche fuori regione.
Il liquore Centerbe nasce da un’antica tradizione che si è sviluppata nell’area di Tocco da Casauria in provincia di Pescara, ma attualmente la sua produzione è diffusa su tutto il territorio della regione Abruzzo.
Si presenta come un liquido verde smeraldo dall’alta gradazione alcolica e dall’intenso profumo di erbe difficilmente distinguibili, anche se alcuni tipi di menta sembrano avere il sopravvento.
Si ottiene dall’infuso a freddo (tintura) di erbe aromatiche e officinali raccolte nel circondario, che arrivano ancora fresche in fabbrica, dove vengono lavate, lasciate essiccare e macerate in alcool.
Per meglio apprezzare la Cianterba occorre “fare amicizia” con la sua alta gradazione e la sua totale assenza di zuccheri, attraverso una sorta di rito. Si versa in un bicchierino una modesta dose, si inspira lentamente il suo profumo e poi si assapora il liquore, bagnandosi le labbra con alcune gocce.
È un ottimo correttivo del caffè, della cioccolata, del latte e può essere anche utilizzato in cucina e in pasticceria.
La caratteristica che rende il Centerbe unico e inimitabile è la ricetta bicentenaria tenuta segreta dalla famiglia di produttori che, dalla fine del XVIII secolo, cominciarono a produrre il liquore, conosciuto e prodotto dai monaci abruzzesi da tempi ancora più remoti. Fu, infatti, lo speziale Beniamino Toro senior che, alla fine del 1700, trasferitosi da Cansano a Tocco da Casauria per aprire la sua farmacia, produsse la Cianterba, trasformando quella che fino ad allora era stata una preparazione casalinga, nel liquore dalle alte qualità medicamentose, che risulta attestato e apprezzato da autorevoli recensioni già dall’Ottocento.
Il liquore allo zafferano, prodotto principalmente nell'altopiano di Navelli, nasce dalla combinazione di questa consuetudine con la pratica diffusa tradizionalmente nelle comunità agricole, di riutilizzare le fecce, sottoprodotto della vinificazione, per ottenere l’alcool e aromatizzarlo con erbe locali per renderlo gradevole al consumo.
Lo zafferano di L'Aquila ha rappresentato nel passato una sostanza tonificante e alimentare dai più svariati usi presso le popolazioni locali.
Il liquore, dal colore giallo intenso, si ottiene per infusione a freddo dello Zafferano dell’Aquila DOP e di erbe aromatiche locali raccolte nei luoghi più idonei nel momento più propizio.
L’aggiunta di anice e di erbe aromatiche consente di mitigare il forte aroma dello zafferano. È ottimo come digestivo, bevuto freddo e al naturale, oppure diluito per ottenere bevande dissetanti. Con il latte caldo è corroborante e utile in caso di raffreddore, mentre con il latte freddo d’estate è particolarmente gradevole contro l’arsura.
Molto impiegato in cucina, trova il suo miglior utilizzo in pasticceria per aromatizzare le preparazioni.
Il vino cotto (nel dialetto locale vine cuott - vine cott), apprezzato come bevanda e ottimo per facilitare la digestione, viene consumato normalmente come dessert e presenta una gradazione alcolica variabile secondo la tecnica di produzione e il periodo d’invecchiamento.
Può essere secco o dolce per la presenza di residuo zuccherino, ma mantiene un retrogusto sapido.
Sono caratteristici il colore, che varia dal rosso ambrato al rosso granato, e l’odore intenso.
Il mosto appena ottenuto dalla pigiatura di uve bianche e/o rosse viene versato in una grossa caldaia di alluminio o di acciaio inox o di rame (in quest’ultimo va collocato sul fondo un “pencio” di terracotta, per lo più un piatto rotto).
La caldaia è posta a bollire direttamente su un treppiedi o su altra attrezzatura idonea sotto cui viene alimentato il fuoco, che deve essere vivo e lento per far sì che il mosto venga a ebollizione e non trabocchi mai dal recipiente, procedendo all’eliminazione della schiuma che viene eventualmente a formarsi.
Con la bollitura, oltre alla perdita d’acqua, si hanno trasformazioni che modificano il gusto e il profumo, conferendo al prodotto un sapore e un odore caratteristici.
Abbastanza diffuse sono le pratiche della colmatura e rimbocco, fatte unendo il vino cotto di nuova produzione a quello degli anni precedenti.
L’invecchiamento in botte di legno deve andare da un minimo di 1 anno fino a 30-40 anni e oltre.
La più antica testimonianza sul “vino cotto” in Abruzzo si trova nella pubblicazione di Filippo Rizzi Memoria sull’abuso di cuocere il mosto del 1811, ma anche lo scrittore inglese Edward Lear, nel suo libro Illustrated Excursions in ltaly (1843-1844) parlando di Carsoli e del territorio circostante scriveva: “…Ho assaggiato alcuni vini, stagionati per molti anni, che erano di poco inferiori al buon Marsala,…” .
Guido Giuliani nel suo libro Il vino in Abruzzo (1975) scrive a proposito del vino cotto: “vino da dessert di antica tradizione e di particolare pregio, che si consuma nelle occasioni da ricordare, o quale coadiuvante nella cura del raffreddore e dell’influenza”.
Ancora oggi, infatti, il vino cotto accompagna il brindisi di molti banchetti nuziali. Come vuole la tradizione, il padre dello sposo offre agli invitati questo particolare vino, preparato alla nascita del figlio maschio e conservato in una piccola botte fino il giorno del suo matrimonio, con un invecchiamento di almeno 25-30 anni, che viene gustato come una delizia dai partecipanti.
La Ratafia è un liquore dal gusto dolce e piacevole,diffuso in tutta la regione a base di amarene e di vino rosso ottenuto da uve del vitigno Montepulciano.
È tradizionalmente prodotta ponendo, in proporzioni variabili secondo la ricetta locale, amarene mature intere o snocciolate e zucchero dentro recipienti di vetro esposti al sole per circa 30 giorni, al fine di favorire la fermentazione. Al prodotto ottenuto si aggiunge poi il vino rosso, lasciando macerare e agitando periodicamente il tutto per almeno altri 30 giorni, ma si può arrivare anche a 5-6 mesi. Il prodotto è poi filtrato e imbottigliato. In alcuni casi dopo la filtrazione si aggiunge dell’alcool per aumentarne la gradazione. Il colore è rosso e ha l’odore caratteristico di amarene e frutti di bosco. È normalmente consumato giovane, per apprezzarne la maggiore freschezza degli aromi.
La preparazione e l’uso della Ratafia rientrano nella secolare tradizione contadina tramandata di generazione in generazione. Come riferisce Alessio de Berardinis in Ricordi sulla maniera di manifatturare vini e liquori (Teramo 1868) “il nome...gli fu dato da quell’uso che anticamente avevano gli ambasciatori delle potenze belligeranti quando trattavano della pace ad una lieta mensa, di bere questo liquore e di pronunciare quelle semplici parole latine "Pax rata fiat!"
A parte queste ipotesi, forse pittoresche e fantasiose, il liquore era usato, più prosaicamente, per sancire gli accordi commerciali o la stipula di atti notarili e legali al termine delle trattative.
Il Ponce è un tipico liquore abruzzese dal colore scuro, ambrato, quasi vinoso, ottenuto per infusione a freddo di bucce di agrumi (arance, mandarini, limoni) ben maturi e profumati, con aggiunta di zucchero caramellato, alcool e rum di qualità.
Diverse sono le procedure per ottenere questo famoso liquore abruzzese: in particolare nella produzione domestica, così come riportato da Nice Cortelli Lucrezi, in Le Ricette della Nonna Japadre editore, (L’Aquila 1974), la buccia di un arancio o limone o mandarino, tagliata molto sottile, viene posta a macerare in circa 300 g di alcool. Dopo 24 ore si aggiunge lo zucchero nella quantità di 400 g così preparato: circa un pugno va posto in un tegamino di rame a caramellare, mentre la restante parte va messa a sciogliere a fuoco lento in circa 300g di acqua, ottenendo così uno sciroppo che viene unito allo zucchero caramellato. Si lascia raffreddare il tutto e in seguito si aggiunge a questa miscela l’alcool in precedenza aromatizzato con le bucce di agrumi. Infine si mescola il tutto e, una volta filtrato, il liquore è pronto per essere imbottigliato.
La produzione artigianale differisce da quella domestica in quanto prevede l’aggiunta di rum come aromatizzante.
Il Ponce è un liquore forte e gustoso che, servito in estate con cubetti di ghiaccio, diventa una bevanda dissetante mentre in inverno, servito appena caldo, esprime in pieno tutta la propria fragranza tonificante.
Questo prodotto, come altre bevande alcoliche abruzzesi, trova la sua origine tra le varie produzioni che esperti speziali erano soliti preparare. Da queste esperienze, spesso intraprendenti artigiani davano vita a vere e proprie attività commerciali. Come cita Nice Cortelli Lucrezi sulla storia del Ponce, in Le Ricette della Nonna, il farmacista Alleva di Fara San Martino (in provincia di Chieti), era solito preparare un Ponce tanto apprezzato e rinomato da far pronunciare al poeta Cesare De Titta (1862-1933) la famosa frase “bevanda che fa cambà cent’anni e cente mise”, ovvero bevanda che fa vivere cento anni e cento mesi.
Il Ponce divenne noto e rinomato in tutta la regione, tanto che Francesco Jannamico (classe 1853), liquorista artigiano di Villa Santa Maria, che già dal 1881 aveva avviato la produzione di questa bevanda, nel 1899 segnalava sul Corriere Frentano una recensione sulla propria produzione di Ponce e sulle onorificenze che aveva ottenuto l’anno precedente ad Amburgo, Digione e Torino con questo nuovo prodotto.
La zona più antica di produzione del liquore a base di genziana si colloca tradizionalmente nell’area montana abruzzese in corrispondenza dei siti di raccolta della pianta, anche se attualmente esso è prodotto in tutta la regione.
Di media gradazione alcolica, ha un intenso sapore e profumo tipici della pianta di genziana.
È ottenuto dall'infusione a freddo, per almeno 40 giorni, in alcool etilico delle radici di Genziana lutea, alla tipica fioritura gialla che trova il suo areale esclusivamente in Europa; in Italia vegeta solo in determinate aree delle Alpi e degli Appennini centrali, a un’altitudine che varia fra i 1000 e i 2000 metri.
Le radici di genziana vengono raccolte solitamente nel periodo autunnale, da piante di almeno cinque o sei e messe ad asciugare.
Nella produzione domestica sono utilizzate direttamente per l’infusione, mentre nella produzione artigianale sono tagliuzzate e lasciate a essiccare in locali ben areati.
Il liquore non necessita di particolare invecchiamento anche se è preferibile imbottigliare il prodotto dopo almeno un mese, in modo da avere una decantazione naturale
Questo liquore trova la sua antica origine dalla consuetudine, in quasi tutte le case dell’Appennino Abruzzese, di produrre piccole quantità di vino aromatizzato con radici di genziana da usare come ottimo digestivo.
In seguito il vino è stato sostituito con una soluzione idroalcoolica, in modo da accentuare l’estrazione dei principi naturali contenuti nella radice, aumentando così anche la fragranza del prodotto finale.
Nel tempo la tradizione erboristica e liquoristica abruzzese si è arricchita di diverse ricette tramandate poi nei secoli, che hanno dato luogo a prodotti di ottima qualità, genuini e altamente digestivi.