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L'antica arte dei traboccanti verso la candidatura Unesco

Un'arte antica, quella del traboccante, figlia dell'ingegno e della necessità, che unisce terra, mare e cielo.

Data:

17 maggio 2023

Tempo di lettura:

9 min

Argomenti
  • Mare
  • Trabocchi
  • Costa dei Trabocchi
Trabocco Vallegrotte ph Luciano D’Antonio

Descrizione

FLAG Costa dei Trabocchi protagonista del percorso per la candidatura Unesco a patrimonio culturale immateriale della pesca.

Il progetto coinvolge 9 FLAG appartenenti a 6 Regioni (Abruzzo con il FLAG Costa dei Trabocchi FLAG Costa di Pescara,  Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Toscana e Veneto). Dopo l'incontro in gennaio a Giulianova, i Flag si sono riuniti in provincia di Venezia per un ulteriore definizione delle tappe per l'iter di candidatura.

Il progetto Patrimonio Culturale della Pesca prevede di favorire "la conoscenza del patrimonio culturale immateriale costituito dai mestieri, dai manufatti e dalle attrezzature tradizionali collegate alla pesca, favorendone visibilità e consapevolezza", stimolando la definizione di azioni volte alla tutela e promozione e promuovendo la partecipazione delle comunità e degli operatori locali. 

La sostenibilità generale del progetto è sostenuta dall’attività di comunicazione, il cui scopo è infatti la divulgazione della varietà, del valore e della rappresentatività di un patrimonio oggetto della creatività delle comunità costiere. L’iter di candidatura a Patrimonio culturale immateriale vuole essere rappresentativo della diversità e complessità del patrimonio tradizionale, come sintesi della sua trasmissibilità e della correlazione con l’ambiente costiero, la sua storia, l’appartenenza sociale e culturale e la sostenibilità.

Le tecniche utilizzate per la costruzione delle “macchine da pesca” sono tramandate oralmente da secoli, da quando questi speciali "anfibi" posti tra mare e terra, cominciarono a costellare la costa teatina come testimonia il manoscritto “Vita Sanctissimi Petri Celestini” che narra della vita di Pietro da Morrone che nel 1240 uscendo dall'Abbazia di San Giovanni in Venere ammirava dal Belvedere "il mare calmo, che luccicava sotto il sole della tarda mattina, punteggiato dai trabocchi posti come vedette verso il confine del cielo".

Titolo del Paragrafo
Leggende, storie, racconti, testimonianze
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Trabocco del Turchino
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Trabocco del Turchino
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La storia dei trabocchi tramandata dalla tradizione orale è anche una storia di esperti fabbri e carpentieri,  migranti ebrei giunti sulle coste abruzzesi tra il 1600 e il 1700: la famiglia Verì di origine sefardita, originaria della Francia e la famiglia Annichini di origine tedesca, che si insediarono nel territorio di Vallevò, come racconta nel libro "Trabocchi, traboccanti e briganti" lo scomparso Pietro Cupido, studioso di folclore, tradizione e in particolare della storia dei trabocchi:

"L’ultimo distruttivo terremoto risale alla fine di luglio dell’anno 1627. Il terremoto e successivo maremoto hanno fatto precipitare e sprofondare nel mare gran parte delle colline che fronteggiano il litorale frentano. La “frentania” è quel territorio compreso tra il fiume Pescara a nord e il fiume Fortore a sud. I segni del terremoto sono tuttora leggibili e sotto gli occhi di tutti, la devastazione fu totale: si interrò la scafa sul sangro, sprofondò il porto di Ortona, si interrò il porto di San Vito, scomparve il porto di “Vicus Veneris” (Fossacesia)… . Si inabissò il porto di Termoli. Tutto quanto costruito sulla costa scomparve per sempre. Devastazione dei lidi, morte, desolazione. Seguirono pestilenze. Ed è in questo ambiente senza più presenze umane, nel corrotto Regno delle Due Sicilie assetato di denaro e di braccia, che si insediano profughi provenienti dalla Francia e dalla Germania, spinti dalla follia delle persecuzioni agli ebrei. In queste famiglie vi erano abilissimi artigiani: fornaciai, metallurgisti, muratori, falegnami… conoscevano la metallurgia dei metalli nobili e i processi di fusione e di affinazione… 

Gli artigiani della famiglia di cui ci occupiamo erano abili ed espertissimi “fabbri ferrai della forgiatura degli attrezzi”. Espertissimi addetti ai guadi dei fiumi chiamati “portaruoli” per gettare passerelle che le piene si portavano via di continuo e facilitare quindi il transito in tutte le stagioni. Fra quanti arrivarono in territorio di San Vito Chietino vi erano quattro fratelli giunti dalla Francia con le famiglie. I discendenti che assunsero il cognome Verì con cordemente hanno sempre detto:” Siamo venuti dalla Francia naufraghi di un “vascello” spiaggiato da una mareggiata sulle scogliere di questo tratto di mare Adriatico; il nucleo familiare era composto da oltre sessanta persone”. Si insediarono in un’ambiente suggestivo e selvaggio che tutelava la piccola comunità. Contemporaneamente un altro nucleo familiare, proveniente dalla Germania, gli Heineken, oggi Annecchini, occupa un altro sito adiacente. Il territorio, ricco di vegetazione spontanea mediterranea, di grotte naturali e acque sorgive a pochissimi metri dal mare, è l’ideale per vivere indisturbati. Vi sono segni di antropizzazione e di vissuto marinaro della Serenissima Repubblica, vi è acqua in abbondanza, legname di prim’ordine e molte essenze precedentemente coltivate in funzione dell’uso al quale erano destinate nella città lagunare dominatrice dell’adriatico: cantieristica, costruzioni a terra e in mare e l’alimentazione di forni fusori.

La grande scoperta: il mare è pescosissimo! Occorre trovare il sistema per sfruttare questa risorsa. I Verì: rudi, di notevole stazza fisica, fortissimi, audaci, impavidi ma anche rissosi, irascibili, intolleranti, non sapevano navigare né nuotare ma erano geniali e abili pontieri e gettarono dei ponti per portarsi in avanti sul mare, ardite passerelle sull’acqua di scoglio in scoglio con impalcati nelle parti più avanzate in mare. Le prede erano abbondantissime e per catturarle forgiavano arpioni e fiocine. Divennero abili fiocinatori e arpionatori però la cattura era limitata ai periodi di mare calmo e acque limpide, quindi bisognava adoperare le reti per poter pescare anche in acque torbide e mare agitato.

Coltivavano e lavoravano la canapa e il lino (si dice abbiano importato l’arancio e impiantato aranceti), lavoravano il ferro e il legno, avevano legnami a disposizione atti a sostenere carichi elevatissimi e soprattutto erano abili carpentieri e avevano forza lavoro a disposizione. L’impalcato in legno, iniziale, si arricchisce di altri elementi strutturali e per conferire maggiore robustezza e rigidità viene controventato con diagonali semplici o con croci di sant’Andrea.

Di esperienze in esperienza, per tappe, nasce e si consolida una struttura atta a pescare, “Il Trabocco" . Provano a portare fuori impalcato delle travi a cui appendere le reti, ma i materiali hanno scarsa resistenza agli agenti atmosferici. Le travi marciscono, le funi hanno poca tenuta, le reti devono essere sostituite frequentemente. Le reti e i cordami vengono bolliti con corteccia di pino marittimo e con tutte le resine reperibili in natura. Col residuo della bollitura si impregnano le teste delle travi. Un evento muta gli equilibri: la costruzione della ferrovia (1863). Lungo il suo tracciato ci si muove agevolmente, nonostante i divieti, e arrivano importanti novità: nuovi materiali e nuove tecnologie.La struttura del trabocco comincia a cambiare, diventa più leggera più ardita, i componenti più esili. La ferrovia porta anche piastre, bulloni, dadi, riparelle, chiavarde, materiale d’uso corrente per la manutenzione della linea ferrata, materiali rigidamente protetti dal codice militare di guerra, ma, può più una seppia che un moschetto. Intanto dall’australia è arrivata la robinia. Siamo ad oggi, i trabocchi, ormai, sono solo arredo d’ambiente..."  (tratto da http://www.traboccopuntatufano.it/storia.htm)

 "Nel 1627, dopo il terremoto sull’adriatico e il successivo tsunami, i pescatori abruzzesi avevano paura di uscire per mare.  La famiglia Veri’, di origine sefardita, decise di stabilirsi sulla costa di questa regione per sfuggire alle persecuzioni.  I Veri’, brillanti costruttori di ponteggi di legno compresero subito che l’attività ideale era la pesca. C’era però un problema: non sapevano né nuotare né navigare. Allora, con le abilità del loro vecchio lavoro insieme alla loro testardaggine, decisero di costruire veri e propri “ponti sul mare” per gettare, attraverso un sistema di pulegge le reti nel mare." (Sulle tracce degli ebrei in Abruzzo di Amy K. Rosenthal)

Secondo lo studioso Rocco Cuzzucoli Crucitti, autore de "La Costa dei Trabocchi tra il Feltrino e il Sangro. Storia e paesaggio del territorio feudo dell'Abbazia di S. Giovanni in Venere" e "La costa dei Trabocchi nei Parlamenti, Statuti e Capitolari dei Feudi dell'Abbazia di San Giovanni in Venere. Il paesaggio, l'ambiente, le arti, i mestieri, i Giudici e i Gabelloti, l'onomastica e le Famiglie tra il XIII e il XVIII secolo"  i Verì non sono nè ebrei e nè francesi ma semplicemente sanvitesi, come gli Annecchini, del resto, i quali non sono ebrei tedeschi. Entrambi i cognomi discendevano dalla stessa medesima linea parentale, molto antica peraltro, identificata fino al 1701 col patronimico di "Jacobo Antonio". Gli Annecchini scelsero poi di identificarsi con tale cognome perché un certo "Giovanni Battista di Jacobo Antonio", alla fine del 1500 sposò una tale "Finaura Annecchini" stabilendosi nell'area di Fossacesia. Il cognome "Urì", "Virì" e "Verì" salta fuori da atti della Giustizia civile e dalle registrazioni di nascite di bambini appartenenti a tale famiglia, tra il 1700 e il 1756. Queste famiglie Verì e Annecchini risiedevano da secoli, forse dal 1300, nel "Primo e nel Secondo Vico" a S. Vito in case c.d. "palaziate" di loro proprietà dove peraltro vi si trasferirono all'inizio dell'Ottocento.

 

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I "ragni colossali"
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Marina di San Vito - Particolare del trabocco
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Marina di San Vito - Particolare del trabocco - ph Cristian Roberti cc-by-nd 2.0
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Seppur datati intorno al XIII secolo, non si può escludere che la presenza dei trabocchi sia ancora più remota, risalendo addirittura ai Fenici, nè si può obiettare al fatto che oggi rappresentino dei veri e propri "musei".  

Fino agli anni Sessanta hanno rappresentato una voce importante della pesca a conduzione familiare mentre oggi raccontano di esistenze vissute tra terra e mare, tra acqua e cielo, tra sudore e ardore dentro "una strana macchina da pesca, tutta composta di tavole e di travi, simile a un ragno colossale .. [che] pareva vivere di una vita propria, avere un’aria e un’effigie di corpo animato. Il legno esposto per anni ed anni al sole, alla pioggia, alla raffica, mostrava le sue fibre... si sfaldava, si consumava, si faceva candido come una tibia o lucido come l’argento o grigiastro come la selce, acquistava una impronta distinta come quella d’una persona su cui la vecchiaia e la sofferenza avessero compiuta la loro opera crudele...(G. d'Annunzio, “Il Trionfo della Morte”)

La tecnica della pesca è "a vista"da punte e promotori sulla piattaforma il traboccante "sa vedere" quando arrivano i pesci e quali saranno i loro movimenti, secondo il tipo, le correnti, le stagioni,  "sa capire" quando è tempo di calare la fitta rete e quando ritrarla con le potenti braccia di legno. 

Un tempo il pescato era pane quotidiano per i traboccanti che hanno saputo creare fantastici piatti divenuti oggi patrimonio regionale che rendono l'esperienza di una visita al trabocco ancora più intensa: sospesi tra cielo e mare, con vista mozzafiato, di giorno all'ombra delle tettoie profumate di mare, di notte al bagliore della luna e delle candele, i trabocchi offrono piatti gustosissimi utilizzando il pescato giornaliero e prodotti a chilometro zero. Accompagnano le portate i racconti dei titolari su questi luoghi identitari e sulla vita degli uomini che ne hanno fatto la storia e per i più intraprendenti show cooking, prove di pesca e laboratori per bambini. La vista dai trabocchi indulgendo sul circondario porta con sè l'invito a visitare gli splendidi borghi, le antiche abbazie, le meravigliose e rigogliose riserve naturali che li circondano.

Su Rai Play è presente il  documentario "I giganti del mare" di Daniele Di Domenico, un viaggio in barca a vela lungo le coste di Abruzzo, Molise e Puglia, alla scoperta dei trabocchi che rievoca le atmosfere delle antiche epopee marinaresche, alla ricerca di storie di uomini e di mare.

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  • Costa dei trabocchi
  • Mare
  • Trabocchi

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Trascrizione del video

Archivio Giornale Luce B0002 del 1931 - Ortona, (Abruzzo).

La pesca col trabocco "Lu pescatore" cori di Ortona.

Musica maestro albanese:  i pescatori sollevano le reti servendosi di un argano, lavorano e cantano, riparano le reti..

Ultimo aggiornamento

05/12/2023, 10:05

Pubblicato da Laura Toppeta