Descrizione
Vitigno a bacca nera che, su di un grappolo di media grandezza , sviluppa in genere una forma piramidale o conica, il Montepulciano viene coltivato nell’Italia centrale e in Abruzzo in prevalenza dove è presente da tempo immemore anche se è dal XVII secolo che si comincia a chiamare questo vitigno con il nome attuale.
Si ha notizia di commercializzazione e produzione di vino Montepulciano sin dal 1821 nella vallata del Pescara come dimostra un rarissimo manoscritto dell’architetto Tommaso Camplone da Pescara.
Diversi documenti contenuti negli archivi ci danno notizia che, dopo l’avvento della fillossera, parecchi cloni furono trovati nella Marsica e più precisamente nei suoli dove la fillossera non attecchisce come Gioia dei Marsi, Aielli, San Peligno Paterno. Dopo tale devastazione di fine 800, fu probabilmente la Valle Peligna il punto di partenza del Montepulciano e in particolare nella zona di Torre dei Passeri laddove la valle si apre all’Adriatico, terra cantata da Ovidio ne “ Le metamorfosi “ come fertile e cara a Cerere, dea del grano, "multoque feracor uvis", molto più fertile per il vino.
Lo scorrere del tempo ha celebrato, nel corso degli anni, l’apprezzamento che il condottiero cartaginese Annibale, occupando Roma per lunghi anni, ha espresso nei confronti del Montepulciano d’Abruzzo. Lo storico greco-romano Polibio ne dà testimonianza in una famosa leggenda secondo cui Annibale rinvigoriva il suo esercito con il vino prodotto negli "Aprutzi" e lavava i suoi cavalli con esso, facendoli guarire dalla scabbia.
Scavando nel tempo, un altro aspetto su cui conviene far chiarezza è la disputa sulla paternità del nome “Montepulciano “ che vede protagonisti da una parte e dall’altra i viticoltori abruzzesi e quelli toscani, produttori del vino nobile di Montepulciano, comune toscano in provincia di Siena. É bene far presente che questo vino è prodotto con uno dei 5 biotipi del sangiovese e, in particolare, quello che localmente viene chiamato “Prugnolo gentile” e non da uve Montepulciano.
Confusione fu fatta a causa di alcune caratteristiche ampelografiche molto simili tra le due uve. Inoltre, l’importanza e la fama legata alla famiglia dei Medici stabilirono, in qualche modo, un legame tra l’uva toscana e il territorio abruzzese quando, dalla Toscana essi importarono delle tecniche enologiche nella loro Baronia di Carapelle.
É in provincia di L'Aquila che si nascondono i borghi di detta Baronia come qualcosa che nasce da atmosfere incantate, modellando colline e montagne con meravigliosi esempi di architettura medioevale. Tra il 1200 e il 1300, la Baronia di Carapelle era infatti un importante dominio feudale comprendente i comuni di Castelvecchio Calvisio, Santo Stefano di Sessanio, Calascio e Rocca Calascio. Annessa successivamente alle Terre di Capestrano, Ofena e Castel del Monte, quando Carlo III di Durazzo la assegnò al suo fedele vassallo Pietro da Celano, dopo varie vicende storiche, la Baronia ottenne il massimo splendore sotto la famiglia dei Medici nel 1743. Oggi, le apparenti somiglianze tra i due vitigni in questione sono state sconfessate ancora di più da differenze sempre più marcate ed evidenti.
Dal Montepulciano infatti si originano vini molto più strutturati e longevi, e soprattutto più carichi di colore. Caratteristica inconfondibile del Montepulciano d’Abruzzo è infatti il suo colore impenetrabile, quasi nero, dovuto alla presenza di antociani, i pigmenti del vino, rilasciati dalla spessa buccia durante la vinificazione che si svolge nella seconda metà di ottobre in virtù della maturazione tardiva delle uve.
Indossando un vestito rosso rubino intenso con riflessi violacei tendenti al granato con l’invecchiamento, il nostro “gigante enoico “ si caratterizza per tannini fitti, morbidi, mai troppo aggressivi, liberando sentori di ciliegia, marasca, frutti rossi e prugna, con un finale pieno, forza estrattiva, buon tenore alcolico e un’acidità ben integrata al corpo.
Dall’altopiano abruzzese della Valle Peligna, ad un altitudine di 300-400 metri sul livello del mare, il Montepulciano si è diffuso oggi in tutta la regione regolato da un preciso disciplinare ed è presente in quasi tutte le denominazioni abruzzesi. Nata nel 1968, la doc del Montepulciano d’Abruzzo è divenuta nel tempo il simbolo abruzzese nel mondo. Nel febbraio 2022 ha avuto inizio "Radici Vestine", un viaggio per il riconoscimento della DOCG per il Montepulciano d'Abruzzo prodotto nella sottozona “Terre dei Vestini”, la quarta dopo quelle ottenute da Terre di Casauria, Colline teramane e Tullum, il cui iter dovrebbe concludersi entro il 2024.
Diversi comuni delle quattro province hanno ottenuto la denominazione di Montepulciano d'Abruzzo DOC Riserva, dal colore dal rubino al granato, dal gusto fruttato e speziato e secco e corposo al palato.
Da giovane è ottimo in abbinamento con filetti anche accompagnati da salse o confetture di mora o lamponi, con un arrosto di maiale servito con prugne e purè di mele. Cacciagione, brasati, preparazioni di funghi o tartufo, carni caratterizzate da aromi selvatici e speziati si amalgamano bene con un Montepulciano invecchiato dove la permanenza in botte veicola un armonico scambio tra il vino e l’esterno creando un’anima vanillata, speziata, con profumi di cioccolato, caffè, liquirizia, pepe nero, tabacco e cuoio quasi a riecheggiare l’arte degli antichi artigiani della nostra terra.
Robustezza, complessità, versatilità, anima “montanara”, ci permettono di evidenziare gli abbinamenti territoriali laddove, figlie di una ormai stanca transumanza, sulla rotta dei tratturi, le specialità eno-gastronomiche sono frutto di un tradizionale passato agro-alimentare.
Carne bovina, ma soprattutto ovina, agnello, castrato e pecora da gustare alla brace, al forno, stufata con erbe aromatiche “alla callara”, sotto forma di arrosticini o di una salamella, famoso salame di pecora affumicato al ginepro, ciliegio selvatico e quercia.
Le innumerevoli caratteristiche del Montepulciano esaltano al meglio anche i primi piatti: tagliatelle al ragù, lasagne abruzzesi, chitarrine alla teramana con polpettine di carne, paste fresche in genere per cui l’Abruzzo è famoso.
Le prelibatezze della costa, pesce fresco, brodetto alla vastese, si abbinano sapientemente ad un calice di Montepulciano giovane o ad un Cerasuolo d’Abruzzo, vino ottenuto dalle medesime uve Montepulciano, con una macerazione breve, il cui nome da cerasa, richiama lo spiccato sentore di ciliegia trionfando in bocca con una freschezza unica. Ottimo anche con i salumi.
Non possiamo di certo l'abbinamento con i formaggi da sempre presenti nella tradizione abruzzese, legati alla pastorizia che da secoli è stata il perno dell’economia della regione. Abbiamo infatti tutti bene impressa nella mente l’immagine dei "pastori che lasciano gli stazzi e vanno verso il mare" (G. D’Annunzio). Tra le produzioni casearie spiccano i fiordilatte, le scamorze appassite, i caciocavalli, i pecorini di varia stagionatura e le ricotte spesso affumicate.
Dulcis in fundo, la versione passito. Al naso intenso ed etereo, in bocca dolce, aromatico e pastoso, è perfetto con il bocconotto di Castel Frentano e con il parrozzo: dolce tipico del pescarese a base di mandorla ricoperto di cioccolato fondente che deve il suo nome a Gabriele d’Annunzio.