Descrizione
La pecora alla callara (nel teramano) o alla cottora o cutturo nell'aquilano o ‘ajiu cutturo’ nella marsica è diffusa soprattutto nella fascia montana aquilana e marsicana e nella zona dei Monti della Laga.
Deve il suo nome al paiolo appeso alla catena del camino e cucinato direttamente sul fuoco, un piatto forte, arcaicamente mediterraneo, capace però di ricondurre con vigore indimenticabile alle origini della cultura regionale abruzzese.
Le pecore sono state per secoli la ricchezza delle popolazioni aquilane e degli altopiani abruzzesi. Scipione Mazzella, nella sua opera dal titolo Descrizione del Regno di Napoli del 1597, scrive che verso la metà del ‘500 esistevano in Abruzzo circa 4 milioni e mezzo di capi ovini.
Anticamente, la strada che univa L’Aquila a Firenze, veniva chiamata “la Via della lana e dell’oro” proprio per l’ingente scambio di ricchezze che avveniva tra la Toscana e l’Abruzzo. La ricetta della pecora “alla callara” affonda le sue radici nella tradizione pastorale, e nasce probabilmente dall’uso di assegnare agli addetti alla custodia degli armenti quegli ovini adulti che per qualche motivo non potevano essere più oggetto di utilizzo o di vendita: i capi azzoppati, i più malandati, le pecore “sterpe”, cioè sterili.
La preparazione avveniva all’aperto, come ancora oggi in alcune rievocazioni e feste celebrative della transumanza.
É uno dei piatti più caratteristici delle zone interne d’Abruzzo, in particolare di L'Aquila, della Marsica e del teramano (territorio del Gran Sasso e dei Monti della Laga). Numerose sono le sagre dedicate a questo piatto come quelle a Macchia da Sole di Valle Castellana, a Torricella Sicura e a Rocca Pia.
La preparazione della "pecora alla callara" richiede molte ore di preparazione e cottura, al fine di far perdere il tipico ma forte sentore di ovino adulto.
La carne di pecora va innanzitutto lasciata frollare per tre giorni, quindi si provvede a tagliarla a tocchetti e a cuocerla lentamente in un caldaio con molta acqua ed eventuale aggiunta di vino bianco per almeno un'ora, aggiungendo di tanto in tanto dell’acqua. Durante la cottura sarà necessario eliminare costantemente la schiuma che verrà a formarsi poiché il grasso della pecora tenderà a sciogliersi e a formare dei grumi. Dopo averlo scolato si aggiunge nuova acqua, facendo cuocere nuovamente per un tempo variabile (solitamente due o tre ore) finché non si otterrà la morbidezza della carne desiderata.
Terminata tale operazione si aggiungerà l'acqua di cottura finale insieme ad aglio, cipolla, carota e sedano, precedentemente tritati e soffritti a parte, agli odori (timo, maggiorana, alloro, rosmarino, bacche di ginepro, peperoncino, sale ed eventuali pomodori maturi a pezzetti (per il sugo) cuocendo a fuoco lento per un'ulteriore ora e mezza circa. Il piatto andrà servito caldo.
Fa parte dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT).