Descrizione
Biagio era un pover'uomo e aveva un cuore ricco di sentimenti caritatevoli. Tutti i giorni si recava i chiesa e diceva a Gesù Cristo: "Gesù Cristo mio, perché non mi dai un po' di roba? Vorrei aiutare la povera gente.
Il 3 di febbraio andò alla chiesa a fare la solita preghiera; e non appena l'ebbe finita, gli comparve Gesù Cristo, che stese la mano, allungò l'indice e glielo passò sulla gola. Poi scomparve.
Ritornando a casa, per via intese un lamento. Biagio disse fra sé: "Voglio vedere che sarà". Entrò in una casetta e trovò una bambina malata di gola, che non poteva quasi più respirare. Biagio volle tastare la gola col dito...La bambina gettò un grido di gioia...Era guarita!
Biagio così fece tanto bene alla povera gente. Quando morì, fu santificato e divenne il protettore dei malati di gola.
I devoti di San Biagio usavano andare dai malati di gola e prendendo loro il polso con l'indice ed il pollice pronunciavano le parole "Gliutte, gliutte!" (Inghiotti, inghiotti)... così il malato provava ad inghiottire mentre il devoto con il pollice gli segnava tante croci nel polso per poi stringerlo ancora premendolo con forza e pronunciando questa litania:
"Sante Biasce, de nove fratelle,
E de nove remaste a otto,
E de otto remaste a sette,
E de sette remaste a sei,
E de sei remaste a cinche,
E de cinche remaste a quattre,
E de quattre remaste a tre,
E de tre remaste a da',
E de du' remaste a une:
Sante Biasce, squaglie ste cagliune !"
L' operazione si ripeteva per nove volte, e si concludeva dicendo:
"Ji te segne e Die te sane."
( San Biagio, di nove fratelli,
E di nove rimasti a otto,
E di otto rimasti a sette ec. ec.
San Biagio, squaglia queste ghiandole!
Io ti segno - ti faccio il segno della croce - e Iddio ti sani)
(Da Usi abruzzesi descritti da Antonio De Nino, 1879)
San Biagio, medico e vescovo di Sebaste, in Asia Minore, essendosi rifiutato di rinunciare alle fede cristiana, morì decapitato nel 316 dopo essere stato straziato con i pettini di ferro, che si usano per cardare la lana. Durante la prigionia salvò miracolosamente un giovane a cui si era conficcata una lisca di pesce in gola, per cui è venerato come protettore di tutte le affezioni legate alla gola e dei lanai in ricordo del suo martirio.
In Abruzzo, nel giorno di San Biagio, detto "Lu garehazzùte" (da gargarozzo, gola), soprattutto nelle zone montane e nelle campagne è tradizione recitare il detto "Per San Biagio, il Mitrato, il freddo è andato" come auspicio per la fine del freddo invernale e l'arrivo dei primi tepori della primavera.
I taralli di San Biagio, particolarmente diffusi nel pescarese, vengono preparati con devozione dalle massaie abruzzesi, e, portati in Chiesa per essere benedetti nel giorno dedicato al Santo. Ne esistono varianti dolci e salate, essenziale è però la loro forma a ciambella che ricorda simbolicamente la gola, di cui San Biagio è protettore.
I taralli benedetti durante le funzioni religiose del 3 febbraio, vengono distribuiti a parenti ed amici perché possano consumarli e ricevere la protezione del Santo. Un tempo erano considerati miracolosi per la guarigione del gozzo, ossia l’ingrossamento della tiroide.
Un rito singolare, che risale al XVI secolo, viene perpetuato a Taranta Peligna, grazioso paese alle falde della Maiella, nella splendida Valle dell'Aventino, patria delle famose "tarante", coperte artigianali della tradizione abruzzese, molto colorate, con decori a motivi floreali o geometrici.
Dalla sera del 31 gennaio, presso la sede della confraternita di San Biagio, i confrati, assistiti dai devoti, iniziano ad ammassare la pasta per i panini sacri chiamati "panicelle", utilizzando la farina ricavata dalla questua pubblica in onore del Santo. Saranno le donne, di solito con relazione di parentela con i membri della confraternita, a confezionarli con la forma tipica delle quattro dita unite come una mano benedicente ed a segnarle con il marchio del santo protettore.
La mattina del giorno 3, le "panicelle" vengono portate alla funzione liturgica e benedette dal parroco. A sera, tra due ali di folla, illuminata dalle torce che in molti recano, vengono distribuiti i pani sacri tra i fedeli che le faranno consumare soprattutto ai bambini per preservarli dal mal di gola, specialità taumaturgica di San Biagio.
A L'Aquila la devozione a San Biagio divenne un rito di ringraziamento per quanti scamparono al terremoto del 2 febbraio del 1703. Nelle case e nei panifici della città si prepara la "ciambella" chiamata anche torta o pizza di San Biagio per onorare il Santo. E' una ciambella grande condita con uvetta, anice, ciliegie candite e decorata con granella di zucchero. Ogni famiglia il giorno dedicato al Santo la porta in Chiesa per essere benedetta e quindi consumata. Negli ultimi anni viene prodotta utilizzando la farina di grano Solina dell'Appennino Abruzzese - Presidio Slow Food.
A Castiglione a Casauria, le ciambelle vengono preparate in occasione delle celebrazioni per San Biagio, il 3 febbraio e fatte benedire in chiesa dopo l'unzione della gola con l'olio benedetto da parte del sacerdote. Sono preparate con la pasta del pane, arricchite con semi di anice, perfette da inzuppare nel tipico Moscatello di Castiglione.
A Lanciano (CH), si preparano ciambelle ricoperte di granella di zucchero e semi di finocchio che il sacerdote benedice nella funzione mattutina, dopo aver unto con olio santo la gola dei fedeli che di primo mattino si recano presso la chiesa dedicata al Santo.
A Sant'Omero (TE) il sacerdote benedice i forni dove saranno cucinati i taralli. Lo stesso rituale coinvolge a Controguerra anche i negozi dove i taralli saranno venduti.
A Colledimezzo, Fontecchio e Lecce dei Marsi (AQ), dove viene acceso anche un grande falò in onore del santo, vengono allestite le fiere che accompagnano i festeggiamenti religiosi.
A Pescasseroli (AQ) la festa per San Biagio è detta "biagiola". Il 3 febbraio in chiesa durante la funzione liturgica si benedicono non solo le gole dei fedeli, ma anche dolci, caramelle e zollette di zucchero.
A Penne (PE), si trova il Reliquiario di S. Biagio nella Chiesa di S. Domenico in avorio ed ebano intarsiato. Contiene una calotta lavorata che ospita il cranio di S. Biagio. Per accedere alla reliquia occorrono sette chiavi, tutte d'epoca, che una volta erano in mani diverse: una era dei frati, due del magistrato e quattro di altrettanti gentiluomini della Città. (Candido Greco, da Splendore nell'Abruzzo Pennese, calendario del 1985)
Anche a Giulianova (TE) nella cripta del Duomo di San Flaviano si conserva un reliquario, opera di oreficeria tardo gotica del 1394 del Maestro Bartolomeo di Sir Paolo. Il braccio è esposto ogni anno in occasione della festa del Santo.