Panoramica
Pronti a salire verso il cielo? Vi trovate sul crinale della statale, che da Vasto porta a Isernia.
Al termine di un bosco di querce e di faggi, “squarciati” dalla magnifica vista della Maiella, un’altra strada, che sale, si apre alla vostra vista.
Salite con lei fino a circa 700 metri d’altezza, là dove sorge Celenza sul Trigno, ancora provincia di Chieti, che sembra levitare sul fiume a confine tra Abruzzo e Molise.
Ci piace pensare che il suo nome sia in connessione con il cielo (dal latino caelum), ma le sue origini, in realtà, rimangono oscure.
Da quassù, con le colline che digradano verso il mare, con la Montagna Madre che fa l’occhiolino al massiccio del Matese, tutto vi sembra più leggero, visionario.
Immergetevi nell’antico borgo, la cui più antica menzione risale al 1309, quando viene ricordata come Celentia, tra vicoli stretti e tortuosi con i resti delle mura e svariate tipologie di case-mura ornate da portali, mensole e stipiti risalenti al XVII e XVIII secolo.
Il tutto è illuminato da una luce vivida che sembra acqua, come quella del Trigno.
Nella chiesa di Santa Maria dell'Assunta, del XVII secolo, ammirate la tomba seicentesca dei principi D'Avalos-Pignatelli, le statue quasi tutte a realizzate da Luigi Guacci da Lecce, ma specialmente un interessante altare in legno scolpito e dorato e una pregevole croce della scuola di Nicola da Guardiagrele, l’artista abruzzese che ha reso grande l’arte orafa del Quattrocento.
La torre campanaria, separata dalla chiesa, è in pietra mista a mattoni e custodisce pregevoli campane dell’Antica fonderia Marinelli di Agnone, a circa 30 chilometri.
Nel territorio, lungo la SS 650 in località Macchie la Fara, raggiungete Torre della Fara, una torre longobarda dell’VIII secolo in posizione isolata sul letto del fiume Trigno, proprio lungo l’antico percorso del tratturo che portava in Puglia. È un interessante esempio di torre di avvistamento di forma cilindrica realizzata in pietra; mentre una spettacolare roverella, chiamata la Quercia Natale, la potete ammirare in località Martinelle.
A tavola, un assaggio di Ventricina non potete rifiutarlo: si tratta della regina della casa, con carni sempre tagliate a mano, insaccate prevalentemente nella vescica del maiale che gli fa assumere la tipica forma ovale, con un peso che oscilla tra uno e due kg. Ancora oggi, come un tempo, pur essendo un salume dalla lunga stagionatura fatta in vecchie cantine o grotte naturali, la Ventricina si caratterizza per l’assenza di additivi e conservanti di sintesi o naturali tranne che per le spezie, peperone secco, fiore di finocchio e sale usati per la concia.
Tra gli altri piatti, vi consigliamo l’arrosto sotto il coppo e la “pizz’onta” (pizza unta), una frittella ottenuta dall’impasto semplice di acqua, lievito e farina con l'aggiunta facoltativa di un po' di latte.
Una vera bontà di quella che si chiamava cucina povera.
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