Panoramica
I paesi il cui nome deriva da un albero sono per natura simpatici e ospitali; quelli che in più hanno un maniero e un piatto tipico che li definisce, sono tutti da scoprire.
Elice è tra questi. Lo trovate in provincia di Pescara, arroccato su una collina che si affaccia sul versante nord della vallata del fiume Fino.
Il suo nome deriva da leccio o elce, l’albero sempreverde “cugino” della quercia, e il castello che lo domina è il cuore maestoso della sua storia e della sua essenza.
Dopo anni di inagibilità a causa dei danni provocati dal sisma del 2009, il maniero è stato messo in sicurezza e restaurato e, entro la fine dell’estate, potrete ammirarlo nella sua nuova e antica veste.
Già nel 1051 si parla della fortificazione, venduta qualche anno dopo dal conte Guglielmo Tassone, con tanto di uomini, terreni, edifici e pertinenze, all'abbazia di San Giovanni in Venere. Dopo vari passaggi, il bene appartenne alla famiglia dei Castiglione, fino al 1806 e in seguito ad altri proprietari. Da venti anni è di proprietà comunale.
Potete osservare la sua muratura, prevalentemente in laterizio, eseguita con la tradizionale tecnica a secco. Il portale d’ingresso vi immette in un androne a volta ai cui lati si aprono i locali adibiti una volta a cantine, stalle e alloggi della servitù e del corpo di guardia, con scalinate interne strette e con piccole feritoie tipiche dell’epoca.
Al primo piano, trovate un grande salone e una cappella, con piccole nicchie nel muro e tre grate di ferro da cui si poteva assistere ai riti religiosi della vicina chiesa di Santa Maria e San Martino, collegata al castello attraverso un corridoio retto da un arco ribassato: un caso unico in Abruzzo, in cui due edifici si propongono come un solo blocco architettonico, collegati da un passaggio voltato.
La fondazione originaria della chiesa risale alla metà dell'XI secolo, ma quella che vedete è la sua ricostruzione ottocentesca, in seguito al disastroso terremoto del 1802, che ne causò la sua parziale distruzione.
E dopo il leccio e il castello, ecco il piatto tipico di Elice, la pasta alla mugnaia al centro di una frequentatissima sagra, in estate, cui vi consigliamo di partecipare.
L’impasto, un mix di farina di grano duro, di grano tenero e uova, ha la forma di un unico lungo cordone schiacciato e tirato a mano, dal diametro di circa un centimetro, che viene condito, una volta cotto, con sugo di carne, generalmente vitello e maiale, soffritto in un trito di cipolla, peperoni e carote, e passata di pomodoro, pomodoro fresco a dadini e melanzane.
L’antico manicaretto, secondo la tradizione, si preparava già in epoca tardo-medioevale grazie alla presenza dei numerosi mulini che sorgevano sulle rive del Fino, producendo una farina di ottima fattura, macinata lentamente e impastata con una particolare tecnica, la cui manipolazione ricordava la mungitura delle mucche.