Panoramica
In uno scenario da cartolina, Villa Santa Lucia degli Abruzzi, in provincia di L'Aquila, vi aspetta con serenità.
Raggiungetela lentamente, gustando curva dopo curva la strada che s’innalza sulla Statale 17 bis con una bella panoramica di Capestrano, il centro del celebre guerriero, simbolo della regione.
In circa sei km, siete nel piccolo borgo, immerso nel verde dei boschi di querce e di faggi, con la frazione di Carrufo.
Siete alla porta d’ingresso meridionale del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga, il terzo più esteso d’Italia, a 900 metri d’altitudine, a metà strada tra Ofena e Castel del Monte.
L’aria è fine e frizzante e tutto intorno a voi non c’è una virgola “innaturale”, tutto è integro, armonioso.
Perfetto come natura crea.
Le prime notizie certe sull’insediamento risalgono intorno al Mille, periodo in cui in una bolla papale venne citata la chiesa di Santa Lucia (ma si hanno anche tracce che lasciano supporre la “vita” del territorio, a partire dall’epoca Vestina e secondi molti studi potrebbe essere stato un distaccamento montano di Aufinum).
Seguono secoli di passaggi di potere tra una famiglia e un’altra, vicine all’imperatore, prima Federico II di Svevia, poi Carlo d’Angiò.
Nel 1578 Villa entrò a far parte del principato di Capestrano tenuto da Francesco de Medici Gran duca di Toscana divenendo il centro più importante della Baronia di Carapelle per antichità, per commercio e per benessere.
Se esplorate il circondario, dove si trova l’area fortificata detta “Il Castelluccio” - l’originario insediamento della popolazione - scoprite un nucleo di venticinque Tholos in pietra a secco: la testimonianza del vivere degli abruzzesi di molti, molti anni fa.
Sono dimore semplici, che nacquero dal lavoro dei contadini, i quali imbattendosi nelle grosse pietre incastonate nella terra dei campi, le rimuovevano, formando mucchi a forma di piramide. Con questo semplice materiale, nel tempo, furono costruite diverse capanne, alte anche fino a tre piani, alcune delle quali munite di muretti per tenere lontani gli animali.
Con lo sviluppo della civiltà e l’avvento delle “comodità”, i Tholos vennero abbandonati dai contadini diventando rifugio per i pastori e i loro animali. Quando anche i pastori le lasciarono, le costruzioni cominciarono a deteriorarsi.
Il gruppo di “casette” che potete vedere, però, sono perfettamente conservate grazie al lavoro dell’Ente Parco, che le considera monumenti di pietra parlanti.
Accostatevi ora al desco con i buoni prodotti della terra, come la sempreverde “sagne e fagioli”, gli “ndritgli”, le polpette di formaggio e le pizze fritte.