Il 2023 è l’anno in cui in Abruzzo vedrà la nascita un nuovo cammino nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
La prima tappa parte da Campo Imperatore, uno dei luoghi più suggestivi dell’Appennino che ricorda la sconfinata pianura asiatica di Phari Dzong e arriva a Castel del Monte.
campo imperatore, fotografia di Marco De Petris
Campo Imperatore, il piccolo Tibet d'Abruzzo è un luogo dalle infinite suggestioni set di splendidi film da "Il deserto dei Tartari" a "Il nome della rosa" , da "King David" a "Così è la vita" di Aldo, Giovanni e Giacomo, a tutta la serie di "Trinità" con Bud Spencer e Terence Hill.
Scena del film girato a Campo Imperatore "Continuavano a chiamarlo Trinità"
A quasi 1.800 metri d’altitudine con i suoi sterminati pascoli, da sempre viene utilizzato per l'alpeggio estivo di mandrie e greggi, ospita numerosissime specie botaniche che colorano la le rocce e la vasta prateria come le Androsacee, le piccole primule delle alte quote, le borracine, piante succulente che vivono sempreverdi tra le pietre, le pulsatille, i papaveri, le orchidee spontanee, le rare stelle alpine e il profumato e ricercato genepì, le scille silvestri, il timo, i trifogli, gli anemoni, le genziane, le valeriane, le soffici e lanose "lingue di cane", le rosse Sassifraghe Porose il cui nome deriva dal latino saxum-frangere cioè rompere la roccia, le viole montane che, piccole e prepotenti, creano distese fiori lunghe chilometri sull'altopiano. La fioritura dei crochi a Campo Imperatore, vede i fiori fare capolino, dopo il riposo invernale, rompendo la coltre dell'ultima neve, timidamente, con piccole macchie fiorite, per poi esplodere a migliaia in enormi distese di lilla, viola, bianco, rosato. Bassi e grandi per resistere a vento e intemperie, forti e gentili come le genti d'Abruzzo. Le gialle Gagee che fioriscono tra i crochi compongono tavolozze di colore indimenticabili soprattutto in marzo ed aprile quando il sole della primavera ne illumina le corolle.
fioritura di crochi a Campo Imperatore, immagini di Roberto Rinaldi, Abruzzo Smart Ambassador
Da qui si scorge il Gran Sasso, il “Tetto degli Appennini”: la montagna d’Abruzzo per eccellenza, dominata dal Corno Grande dall’alto delle sue quattro vette. Offre numerosi itinerari escursionistici, da percorrere a piedi, in bici o a cavallo ed è meta frequentatissima dei "Gutesser", i buoni mangiatori per i quali è fondamentale l'aspetto etico del cibo che rappresenta una vera e propria esperienza conviviale che coinvolge tutti i sensi che la rendono unica tra sconfinati prati, tratturi e mulattiere, attraversati da secoli da pecore e pastori. Suggestivi i ristori dove nelle tipiche macellerie-bracerie, oltre a salumi artigianali, formaggi d'alta quota, pane fatto in casa, gli arrosticini a "chilometro zero" prodotti dagli allevamenti locali dell' Agnello del Centro Italia IGP, offerti per essere cucinati e consumati sul posto sulle fornacelle con la brace già pronta per essere gustati seduti attorno ai molti tavoli e panche messi a disposizione gratuitamente.
foto di Ra Boe CC-BY-SA-3.0
Di fronte allo storico albergo, a 2117 metri di altitudine sul versante occidentale del Gran Sasso d'Italia, tra i Valloni e Campo Imperatore, si trova il "Giardino botanico alpino Vincenzo Rivera", un laboratorio importante di studio sulla flora delle altitudini e delle specie autoctone dell’Appennino Centrale, realizzato negli anni Cinquanta per volontà del botanico Vincenzo Rivera per creare un habitat preservato idoneo alla coltivazione e allo studio delle specie floristiche più importanti del Gran Sasso e divenuto, nel tempo, un patrimonio nazionale, un laboratorio importante di studio sulla flora delle altitudini e delle specie autoctone dell’Appennino Centrale. Nel 1952 il Giardino ottenne il riconoscimento dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e venne inaugurato ufficialmente. Nel 1971 venne ceduto all'Università degli studi dell'Aquila e, quindi, affidato all'Istituto di botanica dell'ateneo.
foto di Pietro- cc-by-sa-4.0
Adiacente al piazzale "La Madonna della Neve", la chiesa consacrata più elevata d'Italia ed una delle più alte d'Europa. Il 20 giugno 1993 venne consacrata da papa Giovanni Paolo che sciava, spesso in incognito, su queste montagne dove secondo le sue parole "il silenzio della montagna ed il candore delle nevi ci parlano di Dio e ci additano la via della contemplazione, non solo come strada maestra per fare esperienza del Mistero, ma anche quale condizione per umanizzare la nostra vita ed i reciproci rapporti "
Lasciando il piazzale ha inizio il percorso in direzione nord-est verso Vado di Corno (1924 m), dove si gusta un panorama mozzafiato, con la veduta dei due versanti, aquilano e teramano, della catena del Gran Sasso. Da qui, nei giorni di buona visibilità, si vede il mare Adriatico mentre il Corno Grande (2912 m), con il suo maestoso “Paretone” e Monte Aquila (2494 m) fanno da sfondo.
Camminando verso il lago di Pietranzoni (1660 m) si possono osservare le mandrie di bovini e cavalli al pascolo. La piana di Campo Imperatore è custode di piccoli specchi d’acqua naturali e, tra di essi, forse il più celebre ma certamente il più fotografato, è il piccolo specchio d'acqua di origine glaciale caratterizzato da acque gelide e movimentate nelle quali si riflette l’emozionante natura che lo circonda e per questo chiamato anche “Specchio del Gran Sasso” o "Specchio d'Abruzzo". Il lago è interamente circondato dal massiccio del Gran Sasso d'Italia. Dal lago di Pietranzoni partono alcuni sentieri che si sviluppano lungo l'altopiano e che ascendono le vette del Gran Sasso.
lago di pietranzoni di Rino Peroni - cc-by-sa-2-0
Nella quiete e nel silenzio della piana, si scorgono i ruderi della Chiesa di Sant’Egidio per poi imboccare, senza indugio, il Canyon dello Scoppaturo, dove nel 1976 fu girato il western "Keoma" con Franco Nero per la regia di Enzo G. Castellari
A passi svelti si conclude la giornata in cammino arrivando a Castel del Monte (1346 m), il paese dei pastori e delle “streghe”, uno dei Paesi dipinti d'Italia e dei Borghi più belli d'Italia dall’anima e dall’urbanistica medievale, che si racconta ancora soprattutto nelle tipiche case-torri.
Castel-del-monte, ph Jon Gudorf Photography-cc-by-sa-2 0
Lungo le strade del centro storico affreschi e tessere dei mosaici creano meravigliose rappresentazioni sui muri delle case, rievocazioni di antiche tradizioni di vita quotidiana, storie di streghe, di magie, di pastori transumanti e di antichi mestieri realizzati dall’Accademia di Belle Arti dell’Aquila su fondaci e case in disuso trasformate in spazi espositivi. Moltitudini di turisti accorrono in Agosto nel borgo l'appuntamento con “La Notte delle Streghe, ru rite de’ re sette sporte” che si svolge dall'imbrunire fino a notte inoltrata e riporta alla luce e alla memoria degli spettatori antiche credenze popolari attraverso una rappresentazione teatrale dialettale itinerante.
Ricca di storia e di leggende è la Chiesa della Madonna del Suffragio o Madonna dei Pastori della prima metà del XV secolo, sede un tempo della “Compagnia delle Anime del Suffragio”, fondata nel 1685. La Confraternita raccoglieva i più ricchi proprietari ovini del paese che, con lasciti e donazioni, resero possibile la realizzazione delle preziose opere d’arte. La chiesa è stata sempre legata ai ritmi del mondo pastorale: il 2 luglio, quando i pastori transumanti tornavano in paese, la seicentesca statua della Madonna del Suffragio veniva portata in processione nella chiesa di S. Marco Evangelista e l'otto settembre, prima della partenza per la Puglia, i pastori riportavano la statua nella sua dimora abituale. Nella stessa chiesa avevano luogo anche le Quarant’ore che rappresentavano l'atto di purificazione prima della partenza per il Tavoliere delle Puglie e l'occasione per chiedere una protezione particolare per sè, per la famiglia e per le greggi. Una Gloria di angeli dorati, circonda il dipinto centrale con la Madonna del Suffragio. In alto, all’interno di una nicchia, si conserva un'antica statua della Vergine, vestita con il tipico costume castellano. Splendidi sono anche gli altari laterali, tutti ricoperti in oro zecchino. Quello dedicato a S. Giovanni Battista conserva un pregevole dipinto del santo, eseguito verso il 1585 da Bernardino di Lorenzo di Monaldo, fiorentino, su richiesta del principe Francesco Antonio dei Medici. Nella chiesa si può ammirare anche un magnifico organo dorato del 1508.
Chiesa della Madonna del Suffragio o Madonna dei Pastori foto di Pietro, CC BY-SA 4.0
Castel del Monte è famoso per i suoi formaggi, per le carni ed i salumi, per i prodotti della terra e per i prodotti artigianali e le genuità legate all’antica tradizione della transumanza come il famoso Canestrato Presidio Slow Food, o il "Marcetto", una crema piccante di formaggio fermentato, la morbissima lana di Castel del Monte ed i capi realizzati a mano.
Canestrato di Castel del Monte
Pecorino marcetto
La seconda tappa del Cammino del Gran Sasso muove da Castel del Monte (1346 m) verso Calascio (1210 m) alla ricerca misteri della Rocca di Calascio (1464 m) in direzione sud, percorrendo una carrareccia fino a salire verso Colle della Battaglia (1180 m), antico insediamento del popolo italico vestino, fino a giungere a Calascio, arroccato sul costone sud orientale del monte dove si erge l’imponente Rocca, a circa 1200 m slm nella parte meridionale del massiccio del Gran Sasso sotto la piana di Campo Imperatore, affacciato sulla Valle del Tirino. Piccolo borgo di poco più di 100 abitanti, è caratterizzato da un nucleo abitativo d'origine altomedievale. Da visitare il complesso francescano costituito dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie (nota anche come San Francesco) e l'annesso monastero fondato nel 1594. Padre Mario da Calascio (1550 -1620), confessore di papa Paolo V ed autorevole biblista, grammatico e lessicografo arricchì il convento di una fornitissima biblioteca composta da codici, incunaboli e cinquecentine. All'interno della chiesa è possibile ammirare un ciborio del XVII secolo, un candelabro in legno intagliato, una tela raffigurante Francesco d'Assisi, una Madonna col Bambino in terracotta del XVI secolo. Il chiostro del convento è su due piani con arcate sorrette da colonne ed un pozzo posto al centro del cortile.
Sopra il paese, arroccata su un monte a quasi 1500 m, si trova Rocca Calascio, l’antico borgo medievale ormai disabitato, che negli ultimi anni è stato riscoperto e recuperato. Calascio e la sua Rocca dal XIII secolo fecero parte della Baronia di Carapelle, che comprendeva anche Carapelle Calvisio, Castelvecchio Calvisio e Santo Stefano di Sessanio, fino al 1806, anno in cui fu abolita la feudalità.
E' maestoso il panorama sulla valle del Tirino e la piana di Navelli del quale si gode dal fortilizio di Rocca Calascio, a 1460 metri d'altezza, "una delle fortezze più belle del mondo" secondo la prestigiosa rivista internazionale National Geographic.
Efficacissimo punto di osservazione militare, permetteva di comunicare con gli altri castelli, fino alla costa adriatica, mediante l'ausilio di torce durante la notte e di specchi nelle ore diurne. Rocca Calascio è anche famosa per aver ospitato, in più occasioni, grandi set cinematografici, tra cui i film "Lady Hawke" , "Il viaggio della Sposa", "Padre Pio", "Il nome della rosa", "L'orizzonte degli eventi". Per la bellezza di questi luoghi, l'industria cinematografica ha nominato tutta la zona da Rocca Calascio a Santo Stefano di Sessanio, "set per eccellenza". Sulla rocca alita la leggenda della sfida tra il re Marrone, signore di Rocca Calascio e il re delle Corone, signore della Piana di San Marco che addivenirono alla volontà di farsi guerra per una diatriba sui confini. Scontri e violenze logoravano la popolazione e la riducevano alla fame, finché dopo una dura battaglia re Marrone fu costretto a rifugiarsi tra le sue mura, subendo per dieci lunghi anni l'assedio da parte delle truppe rivali. Il popolo era allo stremo quando un anziano contadino propose di fare un enorme caciotta raccogliendo il latte di tutti gli animali e anche delle puerpere da regalare al re delle Corone per fargli credere che la rocca era strapiena di provviste. L'avversario, credendo dunque che sarebbe stato inutile continuare ancora l'assedio si accordò col suo nemico e la pace tornò a regnare.
Campo Imperatore, di Iaia, pubblico dominio
Di straordinaria valenza paesaggistica per la sua posizione è la chiesa tratturale di Santa Maria della Pietà, un piccolo tempietto a pianta ottagonale sormontata da una cupola a otto spicchi, eretto tra il XVI e il XVII a 1500 s.l.m., sul sentiero che porta a Santo Stefano di Sessanio. La piccola chiesetta risale al 1596 e insiste sul sito di un'antica edicola votiva, sul luogo dove, secondo la tradizione, la popolazione locale ebbe la meglio su una banda di briganti che tormentava il borgo con le sue razzie. All'interno è possibile ammirare una raffigurazione della Vergine miracolosa e una scultura di San Michele armato. La chiesa, oggi adibita a semplice oratorio, è meta di fedeli e devoti.
La terza tappa parte da Rocca Calascio e arriva a Santo Stefano di Sessanio. Il percorso si presenta semplice e panoramico, adatto anche alle famiglie con i bambini. Si procede su sentiero per cinque chilometri affacciandosi sulla valle situata a sud fino al borgo di Santo Stefano di Sessanio (1251 m), caratterizzato da pittoreschi e stretti vicoli e da sovrapposizioni architettoniche rinascimentali di gusto toscano che testimoniano la dominazione nel territorio delle famiglie Piccolomini e Medici. I suoi tetti in coppi creano una visione armoniosa per chi guarda il paese dall’alto. Passato nel corso di un secolo da 1400 a un centinaio di abitanti, ha visto rinascere la sua vecchia anima grazie all'imprenditore Daniele Kihlgren che lo ha trasformato in albergo diffuso: la pietra è rimasta integra, le case e gli alloggi ristrutturati con i tetti in legno, consolidati con le catene, senza usare il cemento armato, risanati e impreziositi da mobili d’epoca e biancheria lavorata con le antiche tecniche di tessitura, attraverso il recupero di antiche colture, di sementi secolari, per accogliere gli ospiti che oggi provengono da ogni parte del mondo. Un crescente interesse per questo luogo anima turisti alla ricerca di cultura e natura ispirata a criteri di ecosostenibilità. Il borgo attrae inoltre numerosi artisti di fama internazionale, affascinati ed ispirati dalle superbe bellezze dell'antica Sexstantio, un luogo magico, senza tempo dove il silenzio, l’alta quota, il paesaggio incantato, la bellezza del centro storico nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga accolgono i visitatori.
Santo Stefano di Sessanio
Molteplici sono le iniziative culturali in collaborazione con enti, istituzioni e musei di tutto il mondo. Il commercio della lana “carfagna“, una lana nera grezza prodotta a Santo Stefano e lavorata a Firenze nel periodo del massimo splendore del borgo, sotto Francesco de’ Medici, rivive attraverso imprenditori giovani e illuminati che recuperano antiche tradizioni con l'obiettivo primario di preservare un "artigianato green" che rappresenta un patrimonio economico e culturale della regione, come Valeria Gallese, imprenditrice abruzzese, protagonista della riscoperta e promozione della preziosa lana delle greggi del Gran Sasso attraverso la sua bottega che offre prodotti di altissima qualità, ecosostenibili e composti esclusivamente di materie prime naturali. Preziosa l'enogastronomia che ha il suo evento clou nella sagra delle lenticchie, nella prima domenica di settembre, che mantiene viva la memoria storica dell'antica coltivazione del piccolo e saporito legume, presidio Slow Food, un tempo considerato “carne dei poveri”, oggetto oggi di un rinnovato interesse con una conseguente rivalutazione dei piatti popolari della tradizione regionale come le calde e gustose zuppe abruzzesi o le "sagne a pezze" o "tacconelle" da gustare seduti felicemente negli ottimi ristoranti di questo angolo di paradiso, lungo le vie del centro storico o tra i canneti copiosi lungo le sponde del piccolo lago.
Dopo aver scovato ogni scorcio incantato di Santo Stefano di Sessanio (1251 m) si affronta la quarta tappa del Cammino del Gran Sasso che, prevalentemente in discesa porta a Barisciano (940 m) situato alla base di un monte coronato dai ruderi di una cinta fortificata. La montagna della fajèta (Cima di Faiete, m.1915) lo divide dall'altopiano di Campo Imperatore. Sorto tra il VI e l’VIII secolo, il paese si sviluppò a seguito del progressivo abbandono delle città romane di Furfo e Peltuino, è un paese intriso di storia, di memorie, di tradizioni, con presenza di ampie piazze ed importanti monumenti. Fino alla metà del XX secolo, la pastorizia ha rappresentato la maggiore fonte di reddito, accompagnata da alcune importanti colture agricole come zafferano, patate, frumento, mandorlo e lenticchie. Le grandi famiglie armentizie furono il riferimento sociale ed economico e Barisciano svolse un ruolo importante nel territorio durante il lungo periodo della transumanza. Infeudatato a molte importanti famiglie, alla fine del '500 divenne feudo dei Caracciolo. E' luogo di partenza per percorsi ideali alla scoperta degli antichi borghi montani (S. Stefano di Sessanio, Calascio, Castel del Monte) che sfociano nella grandiosità della piana di Campo Imperatore e a sud verso la Piana di Navelli dove si celano altri paesi di antica civiltà ricchi di peculiarità storiche ed ambientali.
Nella zona settentrionale dell'abitato di Barisciano sorge la piccola chiesa del Buon Consiglio o di Capo di Serra .
immagine di Pietro, CC BY-SA 4.0
La piccola chiesa che risale al 1300 ha al suo interno pregevoli affreschi trecenteschi, che secondo alcuni potrebbero essere messi in relazione con il ciclo pittorico della chiesa di San Pellegrino a Bominaco e di Santa Maria ad Cryptas a Fossa. Venne utilizzato dai frati del vicino convento di San Colombo come ospizio e ospedale.
In cinque ore di itinerario, ci si muove lungo un percorso panoramico che lambisce la Piana delle Locce (1230 m), dove si incontrano numerosissimi ricoveri scavati nella roccia, detti "Locce" che fungevano da appoggio alle attività agro-pastorali che usufruivano degli altopiani coltivabili e delle ampissime lande dedicate al pascolo. Sotto lo sguardo del Corno Grande l' itinerario prosegue verso l’ex-Convento francescano di San Colombo del XVI secolo, oggi Dimora Storica, situato ad un’altitudine di 1088 metri slm, lungo la strada provinciale che da Barisciano si inoltra nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, immerso in una secolare querceta e sede del Centro Ricerche Floristiche dell’Appennino con un bellissimo Orto Botanico.
Per la quarta tappa è prevista una variante che, in soli sette chilometri, collega Santo Stefano di Sessanio (1251 m) a Barisciano (940 m) consigliato alle famiglie con bambini a seguito, ben segnalato e sviluppato su carrarecce e sentieri facilmente percorribili.
Il quinto giorno, ci si inoltra sugli splendidi altopiani del Parco, incorniciati dagli alti monti della Catena del Gran Sasso lasciando il paese di Barisciano (940 m) in direzione nord, seguendo la segnaletica del Cammino verso Fonte Cerreto. Procediamo in leggera salita per quasi tutta la tappa, attraversando un vallone che ci porta fino ad un bivio con laghetto, Fonte Vedice, utilizzato per far abbeverare gli animali al pascolo. Da qui seguiamo in direzione Nord-Ovest una carrareccia in leggera salita che ci condurrà sino al Tempietto di Sant’Eusanio (1402 m), solitario e silenzioso. Poco più avanti, si attraversa il Piano di Fugno (1373 m), un ampio e spettacolare altopiano dove confluiscono le acque piovane che formano il piccolo Lago di Filetto, in inverno quasi sempre ghiacciato. Dopo aver attraversato la strada provinciale che sale dal versante aquilano, si segue il vallone verso il il Rifugio Montecristo e, salendo si arriva sopra Valle Fredda. In soli quattro chilometri in discesa si arriva a Fonte Cerreto (1115 m) dove si trovano ristori, strutture di pernottamento e la base della Funivia.
Informazioni dettagliate e mappe sul Sito web del Cammino del Gran Sasso. (329 413 0840;info@ilcamminodelgransasso.it
Laura Toppeta 07-02-2023