Descrizione
"Così presi un corno e cominciai a suonare e fuori dalle valli e dai canaloni uscirono moltissimi uccelli, come aquile falconi sparvieri, gavinelli e corvi. Tutti volavano intorno al sasso e mostravano quasi meraviglia a sentire suonare sulla cima dove a volte passa anche trenta o quarant’anni senza che vi salga persona... Mirand' all'intorno pareva ch'io fussi in aria... "
È il racconto della prima ascensione al Gran Sasso del capitano Francesco De Marchi che, dopo almeno tre tentativi nell’arco di 32 anni, il 19 agosto del 1573 riuscì a salire sull’ultimo picco del Monte Corno.
Il regista aquilano Luca Cococcetta ha ricevuto il il premio del pubblico al Trento Film Festival per il “Miglior film di Alpinismo”, Monte Corno - Pareva che io fussi in aria, presentato in anteprima, il racconto della prima ascesa al Gran Sasso d’Italia (2.912 metri) compiuta da Francesco De Marchi nell’agosto del 1573.
Gli straordinari panorami del Gran Sasso sono protagonisti principali di questo intenso docufim come racconta il regista: "Siamo orgogliosi di questo riconoscimento che conferma l’ aspettativa del pubblico del Festival per il film, un pubblico attento e numeroso che ha apprezzato l’ intreccio tra fiction in costume e documentario, in un dialogo di cinque secoli tra passato e presente, un viaggio in un tempo arcaico dell’alpinismo. Il Gran Sasso e la sua storia, hanno avuto un’incredibile visibilità nel Festival più prestigioso al mondo dedicato alla montagna. Questo è un grandissimo traguardo per la nostra produzione, per gli sponsor e i partner che hanno sostenuto il progetto e per tutto il territorio abruzzese”. Luca Cococcetta
"Hora descriverò e disegnerò un Monte che è detto Corno, il quale è il più alto che sia in Italia, et è posto nella Provincia d’Abbruzzo... qui vi nasce un’Herba sotilissima e spessa, ma non cresce più di un mezo dito, ma è foltissima ed ingrassa le pecore assai; e quest’è per il mezzo giorno...
... Addunque questo monte è veramente il più alto e il più orrido di tutti i monti d’Italia perche sendo alla cima si vede il Mare Adriatico, il Ionico, et il Tireno, et se non vi fussero tanti monti trà mezzo si vederebbe ancora il Mar Ligustico. Dico che vi son tali percipitii, che passano cinque miglia dove non. possano andar Huomeni, ne Annimali se non Ucelli; dicendo che Chi lassa cadere una pietra giù per una di quelle vene che per piccola ch’ella sia ne muoverà tante de l’altre che faranno un Tuono per un’hora che parerà cosa orrenda e spaventosa. […] quando l’huomo arriva fuori dove l’aria si vede li par essere uscito dalle tenebre, di modo che chi andarà in questa Grotta o profonda tomba li parera d’essere nelle tenebre, et chi andarà in coma del Corno Monte gli parrà andar sopra le nuovole.
Questa piana tra altissimi monti fa un bellissimo vedere. Quando i pastori vi sono con gli animali a pascolare, par esser uno esercito grossissimo a vedere tante capanne e tante tende, massime la sera quando tutte hanno acceso i fuochi.» (Francesco De Marchi, Il Corno Monte)
Fu l'ingegnere bolognese Francesco De Marchi con Diomede di L'Aquila, Cesare Schifinato di Milano e Simone e Giovanpietro Di Giulio, Francesco Di Domenico, tre cacciatori di camosci come guide a conquistare per la prima volta la vetta occidentale del Corno Grande del Gran Sasso d'Italia il 19 agosto del 1573. Il grande alpinista e speleologo aveva 69 anni e la sua impresa e da più di trentadue anelava di raggiungere quella vetta.
Il giorno successivo all'impresa l'alpinista speleologo esplorò la Grotta a Male ad Assergi, arrivando fino al fondo del laghetto e incidendovi le sue iniziali. Grotta a Male viene considerata la prima grotta in Italia ad essere esplorata nel senso speleologico del termine. La descrizione della grotta la si può trovare sul trattato scritto da De Marchi: Trattato di Architettura Militare. Il giorno seguente 20 agosto 1573, trovandosi ancora a Sercio (l’attuale Assergi), insieme con molte persone dotate di torce "a vento", si avventurò all’interno di una Grotta già conosciuta dall’uomo preistorico, ma mai documentata.
«In questa oscurissima Grotta precipitosa si vede figure d’huomeni fatti dalla natura, altre d’animali, et altri di serpenti, ma Colone, Candele, e Torcie, e lastroni infiniti. Et questo procede dall’acque che colano di continuo.» (Francesco De Marchi)
Una vita piena e avventurosa quella del De Marchi che nei suoi diari avrebbe riportato la sua partecipazione alla battaglia di Pavia nel 1525, l'assedio di Firenze nel 29-30. Entrato al servizio di Alessandro de' Medici, alla sua morte rimase fedele alla sua vedova, Margherita d'Austria e, al suo seguito fu più volte in Abruzzo. Nel 1535 si immerse con l'aiuto di un rudimentale scafandro nel lago di Nemi alla ricerca delle navi sommerse di Caligola.