Descrizione
Il 13 gennaio del 1915 cessava la straordinaria stagione dei pittori scandinavi a Civita d'Antino.
Civita D’Antino, antico municipio romano, feudo dei Piccolomini e poi dei Colonna, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento fu domicilio di numerosi artisti e dalla fine dal ‘700 fu frequentata da vari viaggiatori stranieri, archeologi, storici e artisti interessati alle antiche origini italiche o attratti dal suo paesaggio. Tra questi si ricordano Richard Colt Hoare, Keppel Craven, Edward Lear, Theodore Mommsen, Thomas Ashby, in genere ospitati dalla nobile famiglia Ferrante.
"Ho deciso di fare una breve visita a Civita d’Antino e nella valle del Liri…essa è circondata da splendidi faggeti... Di fronte c’erano le aspre vette della Serra di Sant’Antonio, i cui profondi recessi celano una notevole cascata d’acqua, e a perdita d’occhio la valle del Liri... L’attuale paese ha circa milleduecento abitanti e occupa una piccola parte dell’esteso sito dell’antica città, la capitale degli Antinates; i resti di essa si riconoscono qua e là da frammenti di costruzione ciclopiche. Questa località è stata visitata più frequentemente delle altre nella regione, come hanno fatto Sir Hoare, Craven ed altri: nelle loro opere si leggono buoni resoconti. Ho trovato con grande facilità l’ampio palazzo di don Antonio Ferrante, persona ricca e grande proprietario nel distretto. In verità le comodità all’interno di Civita d’Antino stupiscono assai rispetto all’apparenza esteriore del paese; quadri antichi e moderni a profusione, specchi e porcellane ricoprono i muri e grande è il numero di stanze; un appartamento di rappresentanza dove ha soggiornato l’attuale re Ferdinando durante uno dei suoi viaggi è splendido, in paragone agli altri. Ho trascorso la mattinata nel fare disegni, anche se la grandiosità delle catene di montagna rende difficile riportare sulla carta Cività d’Antino; ho dedicato un po’ di tempo agli antichi ruderi ciclopici attorno al paese - Edward Lear scrittore e pittore inglese, Viaggio attraverso l’Abruzzo pittoresco, 1846
"Continuando il mio viaggio lungo il pendio della montagna fra rocce e foreste di querce fino a Civita d’Antino, posta su un’altura più elevata di quella di Morrea, ma che domina un panorama meno esteso. Abbiamo raccolto informazioni storiche su questo luogo, che fu la città degli Antinates. Dall’estensione degli spazi in cui sono state scoperte queste differenti memorie, possiamo dedurre che l’antico municipium fosse di considerevole grandezza. Molti vecchi edifici e chiese, se abbattuti, mostrano le pietre antiche usate per la loro costruzione. Possono essere rintracciate le vestigia di una via; presso di essa vi sono frammenti di una struttura reticolata. È probabile che la città romana occupasse lo stesso posto della città moderna, perché numerose 3 iscrizioni furono rinvenute dentro il suo recinto: pare che essa si estendesse lungo il pendio della colline, verso il fiume, ma non nel lato opposto" - Sir Richard Colt Hoare, storico, archeologo e scrittore inglese, i I miei diari di viaggio attraverso l’Abruzzo, nella primavera del 1791
"Posta molto in alto lungo la linea di collina che formano il lato orientale della Valle Roveto, Civita d’Antina gode di un magnifico panorama d’ogni parte... Antina era una colonia romana, ma si crede che esistesse sotto lo stesso nome in un periodo più remoto, come una delle città dei Marsi; secondo Plinio, fra le varie tribù che la componevano c’erano gli Antinates; probabilmente una lettera “n” fu erroneamente tralasciata negli antichi codici della sua opera. Essa ha vestigia dell’origine antica nelle mura poligonali, alcuni delle quali conservano la forma di ingresso, e come tale introducono nel paese moderno che si chiama Porta Campanile. Le numerose iscrizioni latine trovate nel luogo…sono interessanti perché provano l’importanza di Antina; essa poi può essere illustrata da un’iscrizione dedicata dalle corporazioni dei centenari, dei dendrofori e degli armamentari, i quali si univano nel ricordare Novius Felix, benefattore del municipium di Antina. Tracce di un non meno curioso monumento si vedono su una roccia appena fuori del paese; vi si legge non più della linea principale dell’iscrizione; una copia di questa, fatta prima che divenisse illeggibile, si trova nella raccolta delle antichità di Antina, resa nota al pubblico anni addietro dal canonico De Sanctis. Trattandosi di un’iscrizione sepolcrale, dedicata a una donna di nome Varia Montana dai suoi genitori sopravvissuti, e ha un tenore elegante e significativo. Recentemente è stato scoperto un pavimento a mosaico di rozza fattura tra le rovine di quelle che potevano essere terme".: - Richard Keppel Craven, barone inglese, esperto viaggiatore e grande studioso, Viaggio attraverso l’Abruzzo,1837
Il periodo più significativo del periodo del Grand Tour è comunque rappresentato dalla presenza del pittore danese Kristian Zahrtmann (Rønne, 1843 – Frederiksberg, 1917), il cui intenso e prolungato legame con il paese, trasformò progressivamente Civita d’Antino – a partire dal 1883 – nella sede estiva della sua scuola in Italia, aperta a numerosi artisti provenienti dall’intera Scandinavia, molti dei quali divennero affermati artisti, come i danesi Peter Hansen, Johan Rhode, Gad F. Clement, Johannes Kragh, lo svedese Karl Isakson, il norvegese Oluf Wold-Torne, ecc,. Nel 1932 fu apposta una lapide sulla facciata della Pensione Cerroni o Casa Cerroni, nota come Casa dei Pittori Danesi, luogo simbolo della scuola di Zahrtmann, frequentata dai pittori danesi.
Il maestro tornava ogni anno sul finire della primavera. Il paese lo attendeva ospitale insieme agli artisti che lo accompagnavano. Zahrtmann. Sempre vestito di bianco, era amico di tutta la popolazione, come egli stesso scrisse nelle sue lettere. Zahrtmann e gli altri artisti erano ospitati nella storica Pensione Cerroni, che sovrasta l’antica Porta Flora.
Il suo profondo legame con il piccolo paese italiano lo portò a chiamare la sua nuova casa-atelier a Copenhagen “Casa d’Antino”, come ancor oggi ricorda una targa esposta all’esterno, nella piazza a lui dedicata.
Da tempo è riconosciuta la straordinaria influenza della summer school italiana nell’arte scandinava e danese in particolare.
Una mostra interamente dedicata alla venticinquennale produzione artistica ispirata al paese abruzzese, dal titolo “Civita d’Antino dei pittori danesi”, si tenne a Copenhagen presso il Kunstforeningen nel 1908 con una selezionata presenze di opere di Zahrtmann e di altri artisti.
E’ ancor oggi incalcolabile il numero di opere presenti nei più importanti musei scandinavi e in collezioni private che ritraggono gli straordinari paesaggi di Civita e della Valle Roveto, scene di vita quotidiana, l’intensa religiosità popolare, i costumi femminili e il lavoro nei campi, spesso etichettate come “paesaggio italiano” o “paesaggio del sud Italia”.
La straordinaria stagione dei pittori scandinavi cessò drammaticamente con il terremoto che il 13 gennaio 1915 sconvolse la Marsica, colpendo anche il paese, cui seguì poco tempo dopo la morte del “Sig. Cristiano”, com’era chiamato da tutti Zahrtmann a Civita d’Antino, paese di cui fu cittadino onorario (1902) e benefattore.
La notizia del sisma giunse inattesa a Johannes Jorgensen, nato a Svendborg nel 1866, l’autore danese più tradotto dopo Andersen. Il poeta e scrittore si trovava in Italia, a Siena nell’inverno del 1915 volle raggiungere Civita D’Antino dove era presente il pittore danese David Hvidt che l’accompagnerà nel viaggio avventuroso attraverso cui Jorgensen sarà testimone dell’eroismo e dell’umanità dei soccorritori. La testimonianza di Jorgensen, pubblicata nel 1915 a Copenaghen aveva la finalità di raccontare ai danesi le vicende drammatiche che avevano colpito quell’amato pezzettino di Danimarca in Italia. Il racconto commosse molti danesi e lo stesso Zahrtman che, nei mesi successivi, - sul punto di morire- decise di lasciare una donazione in favore dei bambini poveri della sua Civita.