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Il tessitore di tutti i colori: l'Abruzzo e l'arte della seta

Data:

04 aprile 2021

Tempo di lettura:

4 min

Argomenti
  • Artigianato tipico
  • Ricami e tessuti
ph: velo di calice secoli XVIII-XIX, conservata nella sagrestia della Chiesa di San Rocco a Montorio al Vomano (TE)

Descrizione

All'inizio del Settecento, molti degli abitanti di Roccamontepiano (CH) erano dediti alla coltivazione del gelso e all'allevamento del baco.

La produzione della seta e l'’allevamento dei bachi da seta ebbe nell'Ottocento una grande diffusione a Notaresco (TE) e soprattutto nella provincia di Chieti, grazie alla forte richiesta da parte dei mercanti del Teramano disposti a pagare notevoli cifre pur di ottenere gran parte dei bozzoli esportati di solito nello stato pontificio.

Nelle campagne si coltivavano i gelsi e con le foglie di questa pianta si alimentavano i bachi da seta che erano allevati con cura dalla nascita fino alla loro chiusura nel bozzolo per mutarsi in farfalle. I bachi costruivano il bozzolo avvolgendo intorno al proprio corpo un lungo filo di seta da loro stessi prodotto. Onde evitare il danneggiamento del filamento che componeva il bozzolo, la crisalide veniva fatta morire prima della schiusa. Infine si completava il ciclo produttivo in filanda dove si procedeva con il dipanamento del filo e del suo avvolgimento sull'aspo per ricavarne mattasse. Solo a questo punto la seta grezza era pronta per essere trasformata in tessuto.

Titolo del Paragrafo
L'Abruzzo e l'arte della seta
Immagine Paragrafo
Velo di calice Montorio al Vomano (TE)
Credits Immagine Paragrafo
ph: velo di calice secoli XVIII-XIX, conservata nella sagrestia della Chiesa di San Rocco a Montorio al Vomano (TE)
Descrizione Paragrafo

Le tecniche di lavorazione venivano mantenute segrete per ottenere manufatti esclusivi e i tessitori, considerati artisti, custodivano il mistero delle raffinate e antiche tecniche. Tra i bravissimi artigiani le cui opere oggi hanno un valore inestimabile, possiamo citare Giuseppe Lisio, nato il 26 febbraio del 1870 in contrada Terranova di Roccamontepiano in provincia di Chieti. A diciassette anni si trasferì a Milano e a 22 anni entrò come rappresentante presso la ditta Luigi Osnago, una delle più quotate industrie seriche del tempo e nel 1905 aprì la Società Tessiture Riunite. Nel 1906 decise di mettersi in proprio ed aprì a Firenze un'attività con funzione commerciale. Dopo aver ricostruito l'abitazione di un setaiolo fiorentino del XIV secolo, cominciò a produrre tessuti in seta di ogni stile e per una clientela colta e raffinata, realizzati esclusivamente su telai manuali, capaci di rinnovare gli splendori dell'antica Arte della Seta fiorentina.

L'abilissimo artigiano fu definito da Gabriele d'Annunzio "Il grandissimo maestro dei licci e Tessitore di tutti i colori" descrivendo come ogni suo scampolo suscitasse in lui “un’allegrezza infantile e mistica”.

Nei primi anni dl Novecento aprì stupendi negozi a Firenze, Milano, Roma, Venezia e a Parigi nella aristocratica Rue St. Honoré.

La preziosità dei materiali impiegati, l'ispirazione alle opere dei grandi artisti sia rinascimentali sia del XVII e XVIII secolo e le capacità artistiche di Giuseppe Lisio permisero al maestro di realizzare prodotti di altissima qualità. Per la realizzazione del velluto più sontuoso a tre corpi ci vollero circa due mesi di lavoro per la sola programmazione del telaio, unico al mondo, e attualmente ancora funzionante.

Tale velluto combinava ben sette tinte nei toni lucidi e opachi consentendo di realizzare una vera e propria pittura in seta. La produzione quotidiana di questo tipo di velluto oscillava tra i dieci centimetri e il mezzo metro, ottenibili nell'intero arco delle otto ore lavorative giornaliere. Nel 1971 la figlia Fidalma, erede di Giuseppe Lisio, crea la Fondazione dell'Arte della Seta, situata alle porte di Ponte a Ema, con l'intento di continuare a proporre le antiche tecniche di lavorazione sui telai a mano. Nell'archivio della Fondazione si conservano 350 frammenti di tessuti antichi, databili tra il XV e il XIX secolo, mentre nella scuola si offrono insegnamenti specialistici agli addetti che lavorano nell'industria tessile.

Altro grande bacologo abruzzese fu l'avvocato e imprenditore Vincenzo Mapei, nato a Nocciano (PE) nel 1806. Nel suo paese fondò un importante allevamento di bachi da seta e una filanda. Scrisse numerosi testi e pubblicò articoli sull'arte della bachicoltura e vinse un prestigioso Premio all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1856 per i tessuti prodotti dalla sua filanda. Tuttora operante nel territorio, l'azienda organizza giornate formative e laboratori di bachicoltura, sericoltura e tintura naturale dall’osservazione del baco alla creazione del tessuto.

Nel 2007 è stato pubblicato il libro All’ombra dell’albero d’oro: Notaresco e la gelsibachicoltura nell’Ottocento, dello storico Sandro Galentini, inserito nella sezione in lingua straniera dell'Università di Yale che riporta in appendice due rari e antichi testi del periodo.

Limitata ma presente nell'antico lanificio Merlino di Taranta Peligna rimane la produzione delle "ferrandine", coperte di stoffa leggera, con ordito di seta, con angeli o motivi floreali a due colori, senza dritto né rovescio, note già dal Cinquecento, prodotto di nicchia che rappresentava un tempo un oggetto immancabile del corredo della sposa abruzzese. Preziose le sete dei Costumi Tradizionali Abruzzesi e dei paramenti liturgici esposti in numerosi musei e chiese abruzzesi come pianete, tonacelle, piviali, veli omerali, veli di calici.

Etichetta

  • Artigianato tipico
  • Chiesa
  • Museo
Ultimo aggiornamento

20/05/2024, 12:19

Pubblicato da Laura Toppeta