Descrizione
La processione di Chieti, intimamente legata all’istituzione del sodalizio del Sacro Monte in quanto da quest’ultimo sempre organizzata, ha origini molto antiche (842 d.C.). Illuminato da fiaccole accese su tripodi in ferro battuto, il sacro corteo si snoda al calar del sole muovendo dalla Cattedrale di San Giustino percorrendo le vie principali del centro storico. L’Angelo, le Lance, la Colonna con il gallo, il Volto Santo (riproduzione dell’originale conservato in Manoppello), il Sasso, la Scala, la Croce sono i sette “Simboli” o “Trofei” della Passione del 1855 fino al 1892 solo da serpari, i muratori, gli ottonai e confettieri, gli scrivani, i falegnami, i fabbri e i calzolai.
Durante la processione del Venerdì Santo, il coro e l’orchestra dell’Arciconfraternita (composti, rispettivamente, da circa 150 cantori -suddivisi in tenori I, tenori II e bassi- e da circa 160 musici) eseguono il celebre Miserere composto intorno al 1730 del musicista teatino Saverio Selecchy (1708-1788) e tratto dal Salmo 50 (51) del Salterio: Miserére mei, Deus, miserére mei: quóniam in te confídit ánima mea, attribuito a Davide. Da allora tale composizione viene eseguita ininterrottamente. Nel 2007, in occasione del Raduno Nazionale delle confraternite d’Italia, l’orchestra arciconfraternale ha accompagnato la celebrazione eucaristica in piazza San Pietro alla presenza dell’allora pontefice Benedetto XVI.
Originariamente il corteo aveva una forma molto più semplice di quella odierna ed era composto da soli tre simboli: uno stendardo in damasco nero, una morte a grandezza naturale e la statua del Cristo Morto. Solo nel 1833 fa la sua apparizione nel sacro corteo la statua della Vergine Addolorata, che veniva prestata per l’occasione al Monte dei Morti dalla confraternita dei Muratori. Nel 1910 venne introdotta un’altra statua della Vergine Addolorata (quella che attualmente sfila in processione).
La Vergine, che per tutto l’anno veste l’abito “di casa”, viene abbigliata con il prezioso vestito processionale solo dal Mercoledì Santo con una cerimonia alla quale possono partecipare esclusivamente la Priora, le mogli dei Governatori e la sarta.
I sette “Simboli” o “Trofei” della Passione che oggi si possono ammirare risalgono al 1855 e sono opera dell’artista concittadino Raffaele Del Ponte (1813-1872), allievo del celebre Antonio Nicolini (scenografo del teatro San Carlo di Napoli) e raffiguranti i momenti della Passione di Cristo: l’Angelo, le Lance, la Colonna con il gallo, il Volto Santo (riproduzione dell’originale conservato in Manoppello), il Sasso, la Scala, la Croce.
Dal 1855 al 1892 i “Trofei” venivano portati a spalla da determinate categorie di lavoratori: i serpari, i muratori, gli ottonai e confettieri, gli scrivani, i falegnami, i fabbri e i calzolai.
Attualmente i sette “Simboli” sono trasportati dagli aggregati dell’Arciconfraternita, mentre ai “Fratelli” della stessa è riservato l’onore di portare a spalla le statue del Cristo Morto e della Vergine Addolorata.
La statua del Cristo Morto è una scultura settecentesca in legno policromo di scuola napoletana e la coltre sulla quale viene adagiato per essere portato in processione risale al 1827 ed è composta da fili d’oro e argento.
Oltre all’Arciconfraternita, al corteo processionale (aperto da un enorme Gonfalone in velluto damascato nero) partecipano, a scorta dei “Trofei”, le varie confraternite cittadine che indossano sopra il saio di colore bianco mozzette di tinta diversa; gli appartenenti al Sacro Monte vestono, invece, un saio nero con mozzetta di colore oro recante lo stemma del sodalizio. Anche il capitolo metropolitano partecipa all’evento: esso è formato dal Vescovo e dai Canonici della Cattedrale in mozzetta rossa ed è accompagnato dai Sacerdoti, dai Seminaristi e, da qualche anno, dai Cavalieri del Santo Sepolcro.