Descrizione
"Io ero col mio divino fratello Ciccillo in un paese d'Abruzzo, chiamato Tocco da Casauria, dove, appunto, era nato l'amico, il pittore dal magico pennello...
Ebbene, tutti e due, d'improvviso, vedemmo irrompere nella piazzetta una donna urlante, scarmigliata, giovane e formosa, inseguita da una torma di mietitori imbestiati dal sole, dal vino e della lussuria. La scena ci impressionò vivamente: Michetti fermò l'attimo nella sua tela ch'è un capolavoro, ed io rielaborai nel mio spirito, per anni, quanto avevo veduto su quella piazzetta. E infine scrissi la tragedia."
La tragedia "La figlia di Iorio" di Gabriele d'Annunzio del 1904, inizia con le nozze di Aligi, a Roio del Sangro, interrotte dall'arrivo della figlia del mago Iorio, Mila di Codra, additata in paese come donna dai facili costumi, in fuga da mietitori ubriachi. Aligi sta per colpirla, ma un angelo interviene per fermarlo e rimandare indietro gli assalitori... la bellezza di Mila incanta il pastore che se ne innamora perdutamente fuggendo con lei nelle Grotte del Cavallone.
Il buon cuore di Mila conduce la storia verso la tragedia: preoccupata per il futuro di Aligi e della sua famiglia fugge da lui, ma per strada incontra Lazaro che cerca di sedurla con violenza finché l'intervento di Aligi provoca la morte dell'uomo. Mila, allora, dichiara di aver stregato Aligi con arti magiche per salvarlo dalla condanna e viene bruciata sul rogo. Sul testo di d'Annunzio sono state composte opere musicali di A. Franchetti (1906) e I. Pizzetti (1954).
L'ispirazione del poeta per la composizione della tragedia nacque contestualmente a quella del grande pittore Francesco Paolo Michetti che dipinse nel 1895 l'omonimo quadro.
La grande tela (cm 550 x 280) raffigura la figlia di Jorio che passa davanti a un gruppo di uomini che la osservano con profonde diversità nello sguardo. La Majella abbraccia sullo sfondo tutta la scena. Fu realizzata in poco più di una settimana, ma ideata ben quindici anni prima, forse nel 1883, insieme all'amico d'Annunzio, a Tocco Casauria, dove in un giorno d'estate, all'improvviso, era apparsa correndo sulla piazza una giovane donna scarmigliata inseguita da un gruppo di contadini eccitati dal vino e dal sole. Ad Orsogna, nella Torre Di Bene, Michetti produsse numerosi schizzi e bozzetti del paesaggio circostante che successivamente utilizzò per la realizzazione dell'opera; difatti, il profilo della Maiella è quello che si può ammirare solo da Orsogna.
L'opera fu realizzata dall'artista nel suo studio-convento di Francavilla al mare in una prima versione dell'opera ad olio e poi in una tempera di sua particolare invenzione. Modella fu l'orsognese diciannovenne Giuditta Saraceni che indossava un costume bianco e rosso; il personaggio che le sta dietro è Paolo de Cecco, frequentatore del cenacolo michettiano; Aligi è interpretato da un giovane contadino.
Il quadro fu presentato alla Biennale di Venezia nel 1895, dove si aggiudicò il primo premio. Nel 1896, La Figlia di Iorio fu acquistata da Ernest Seeger per la Galleria Nazionale d'Arte di Berlino. Successivamente, nel 1932, fu esposta alla XVIII edizione della Biennale di Venezia, nel Padiglione italiano; la notò Giacomo Acerbo ministro abruzzese, il quale ne propose l'acquisto all'Amministrazione provinciale di Pescara.
Dopo lunghe e difficoltose trattative il dipinto fu acquistato ed esposto in un'ampia sala presso il Palazzo della Provincia di Pescara. Nel 1943 fu salvato dai tedeschi, da Giuseppe Santoleri e Vittorio Bianchini che riuscirono a portare via la tela e a nasconderla nel seminario diocesano di Penne, dove è stata custodita sino alla fine della guerra. La tela è stata di recente sottoposta a restauro da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali.
Filmato della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio dell'Abruzzo.
"Francesco Paolo Michetti, nato nella cittadina abruzzese di Tocco da Casauria nel 1851, fu un personaggio eclettico e, secondo i critici contemporanei, incline all'eccesso, ma fu anche un grande innovatore, sia nell’uso dei colori, sia nella concezione della superficie pittorica indefinita e quindi invasiva anche della cornice dei quadri, a volte anche dei cristalli protettivi.
Carismatico, estroverso e socievole, raccolse attorno a se, come già ricordato, una sorta di cenacolo, un gruppo di giovani artisti: lo scultore Costantino Barbella, il compositore Francesco Paolo Tosti, il giovane d'Annunzio, l’amico e guida attraverso i riti della tradizione religiosa abruzzese, Antonio De Nino, ed altri ancora: un laboratorio sperimentale dove si provò ad eliminare i confini tra le diverse arti facilitando in tal modo le reciproche influenze tra pittura, scultura, musica , poesia, arti decorative.
La pittura di Michetti dominò la scena artistica italiana dell’ultimo ventennio del XIX secolo tanto che i suoi quadri furono venduti all'estero a cifre vertiginose. Famosi mercanti d’arte, tra cui Goupil e Reutlinger, acquistavano le sue opere, che erano così richieste da sviluppare in Germania persino un mercato di falsi. Oltre ad essere quindi pittore molto richiesto ed artista di successo, Francesco Paolo Michetti fu anche instancabile ricercatore di materiali e tecniche, … fotografo di grandissimo valore, architetto, scenografo, filosofo amante della natura, guardò al cinema come nuova e fondamentale forma di arte e fu tra i primi a girare una pellicola.
Michetti seppe cogliere quel senso del divino proprio della gente semplice e che, in alcuni suoi quadri, si concretizzò in gesti spontanei e disperati, frutto di un’attenta analisi dal vero. Con Antonio De Nino si recò personalmente nei santuari che segnavano i percorsi devozionali abruzzesi, come Miglianico e Casalbordino, Cocullo, e partecipò alle lunghe processioni di Orsogna, di Chieti, di Rapino. Furono proprio queste visite nei luoghi di culto ad ispirargli anche gli altri dei quadri più noti: Il Voto, La Processione del Venerdì Santo, Le Serpi, Gli Storpi...
Quale professore onorario dell’Accademia di Napoli iniziò anche ad esporre in altre città d’Italia e all’estero. Il successo del ’77 si ripeté a Torino nel 1880 e a Milano nel 1881, consegnandolo definitivamente al favore del pubblico, agli elogi della critica ed anche all’esaltazione di un poeta come d’Annunzio, conosciuto nel 1880 e cooptato nel cenacolo francavillese.
Rispetto ai canoni accademici, Michetti introdusse delle innovazioni tecniche radicali spesso criticate. Rinnovamento determinato proprio dall’incontro con la Fotografia, la cui importanza era stata annunciata dalla pittura di Monet e Ingres, subito recepita, ed utilizzata nelle numerose campagne preliminari e di approfondimento finalizzate allo studio della sua terra d’Abruzzo."
A partire da 1900 iniziò ad utilizzare glicerina ed acqua per rendere più fluidi i colori, procedimento che gli consentì di stenderli con grande velocità e con pennellate larghe ed essenziali, come nei quindici Paesaggi abruzzesi, tra cui il Bosco di querce, o nelle figure di Bagnanti riprese in diverse ore del giorno, immerse nella natura, tendenti a far sparire la figura stessa che si confonde con il mare, con la battigia, con il frangersi delle onde. Affidate ad una pennellata larga ed essenziale il contrario dei tocchi divisi e frantumati delle prime opere (M. G. Tolomei Speranza).
Originale interprete della società e dell’arte del suo tempo, tra i maggiori protagonisti dell’’800, pittore di successo e grande comunicatore, Francesco Paolo Michetti incarnò anzitempo il prototipo dell’artista contemporaneo. "(Enrichetta Santilli, Funzionario Soprintendenza BSAE Abruzzo)