Descrizione
Atmosfere di struggente pathos si respirano nei borghi durante la Settimana Santa, quando numerosi e partecipati cortei seguono le scene madri della Passione e della Resurrezione.
Le statue, gli altari, i cori. le donne penitenti, gli incappucciati rappresentano un patrimonio immateriale di una straordinaria intensità, mitica, archetipica, da proteggere e tramandare.
Il dolore viene esorcizzato attraverso il rito collettivo del Venerdì Santo e i riti di rinascita che seguono.
Cuore delle celebrazioni del Venerdì Santo in Abruzzo è la processione di Chieti che ha origini antichissime, la più antica in Italia, che risalirebbe all'842 d.C.
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Illuminato da fiaccole accese su tripodi in ferro battuto, il sacro corteo si snoda al calar del sole muovendo dalla Cattedrale di S. Giustino percorrendo le vie principali del centro storico.
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É intimamente legata all’istituzione del sodalizio del Sacro Monte in quanto da quest’ultimo sempre organizzata. Originariamente il corteo aveva una forma molto più semplice di quella odierna ed era composto da soli tre simboli: uno stendardo in damasco nero, una morte a grandezza naturale e la statua del Cristo Morto. Solo nel 1833 fa la sua apparizione nel sacro corteo la statua della Vergine Addolorata, che veniva prestata per l’occasione al Monte dei Morti dalla confraternita dei Muratori. Nel 1910 venne introdotta un’altra statua della Vergine Addolorata (quella che attualmente sfila in processione).
La Vergine, che per tutto l’anno veste l’abito “di casa”, viene abbigliata con il prezioso vestito processionale solo dal Mercoledì Santo con una cerimonia alla quale possono partecipare esclusivamente la Priora, le mogli dei Governatori e la sarta.
I sette “Simboli” o “Trofei” della Passione che oggi si possono ammirare risalgono al 1855 e sono opera dell’artista concittadino Raffaele Del Ponte (1813-1872), allievo del celebre Antonio Nicolini (scenografo del teatro San Carlo di Napoli) e raffiguranti i momenti della Passione di Cristo: l’Angelo, le Lance, la Colonna con il gallo, il Volto Santo (riproduzione dell’originale conservato in Manoppello), il Sasso, la Scala, la Croce.
Dal 1855 al 1892 i “Trofei” venivano portati a spalla da determinate categorie di lavoratori: i serpari, i muratori, gli ottonai e confettieri, gli scrivani, i falegnami, i fabbri e i calzolai.
Attualmente i sette “Simboli” sono trasportati dagli aggregati dell’Arciconfraternita, mentre ai “Fratelli” della stessa è riservato l’onore di portare a spalla le statue del Cristo Morto e della Vergine Addolorata.
La statua del Cristo Morto è una scultura settecentesca in legno policromo di scuola napoletana e la coltre sulla quale viene adagiato per essere portato in processione risale al 1827 ed è composta da fili d’oro e argento.
Oltre all’Arciconfraternita, al corteo processionale (aperto da un enorme Gonfalone in velluto damascato nero) partecipano, a scorta dei “Trofei”, le varie confraternite cittadine che indossano sopra il saio di colore bianco mozzette di tinta diversa; gli appartenenti al Sacro Monte vestono, invece, un saio nero con mozzetta di colore oro recante lo stemma del sodalizio. Anche il capitolo metropolitano partecipa all’evento: esso è formato dal Vescovo e dai Canonici della Cattedrale in mozzetta rossa ed è accompagnato dai Sacerdoti, dai Seminaristi e, da qualche anno, dai Cavalieri del Santo Sepolcro.
Durante la processione del Venerdì Santo, il coro e l’orchestra dell’Arciconfraternita (composti, rispettivamente, da circa 150 cantori -suddivisi in tenori I, tenori II e bassi- e da circa 160 musici) eseguono il celebre Miserere composto intorno al 1730 del musicista teatino Saverio Selecchy (1708-1788) e tratto dal Samo 50 (51) del Salterio. Da allora tale composizione viene eseguita ininterrottamente. Nel 2007, in occasione del Raduno Nazionale delle confraternite d’Italia, l’orchestra arciconfraternale ha accompagnato la celebrazione eucaristica in piazza San Pietro alla presenza dell’allora pontefice Benedetto XVI.
Video Processione Strada dei Parchi
Nel borgo medievale di Gessopalena (CH), che si erge su uno sperone gessoso che domina la valle dell’Aventino, la Settimana Santa inizia la sera del Mercoledì con la Sacra Rappresentazione della Passione di Cristo.
Si tratta di un’antica tradizione interrotta bruscamente a fine Ottocento per una sommossa popolare che prese di mira figuranti ebrei e soldati romani colpevoli della crocefissione del Cristo. Nel 1965 il parroco del tempo, Don Angelo De Ritis, si adoperò per ripristinarla, dividendola in due tempi: tre o quattro scene in piazza e sul sagrato della chiesa de’ Raccomandati: Ultima Cena, Orto degli Ulivi, Sinedrio e la Crocefissione sulla sommità del Paese Vecchio distrutto dalla guerra e oggi del tutto disabitato. La Sacra Rappresentazione della Passione di Cristo oggi è teatro, musica, arte grafica e pittorica, ma con la sua base intatta di fede e devozione popolare.
A Campli (TE) nel Giovedì Santo durante la Messa in Coena Domini si svolge il suggestivo rito della Lavanda dei piedi. Finita la celebrazione i fedeli iniziano a peregrinare devotamente da una chiesa all'altra per il pio esercizio dei Sepolcri. Principalmente sono le donne che, con il capo coperto dal tradizionale velo muliebre percorrono, pregando, l'interno delle chiese in ginocchio fino a raggiungere il Sepolcro.
Anche il Venerdì Santo a Campli ha origini molto antiche e risale fino al Medioevo. Il corteo religioso che accompagna la statua devozionale della Madonna Addolorata in cerca del Figlio inizia dalla Chiesa della Madonna dei Sette Dolori (oggi Chiesa di San Paolo Apostolo), annessa al Santuario della Scala Santa. Nella piazza principale, di fronte alla Cattedrale di Santa Maria in Platea, ad attendere il simulacro della Madre, c’è il feretro del Cristo Morto. La processione si svolge secondo un antico e prestabilito rituale a cui prendono parte le confraternite cittadine, gli Incappucciati, le Pie Donne, i Giudei, la Maddalena, la Veronica, i bambini che recano i Simboli della Passione, il complesso bandistico della Città di Campli e le autorità civili e religiose. Il corteo processionale attraversa le vie del centro storico, creando un impatto scenografico carico di suggestioni che richiama fedeli e visitatori da tutta la Regione.
Nella giornata del Sabato Santo si svolge la rituale benedizione delle pizze di Pasqua e il periodo di Quaresima si conclude con la Veglia del Sabato Santo con il "lucernario" e la benedizione dell’acqua lustrale. Nell'attesa della Risurrezione di Cristo, le celebrazioni dei riti Pasquali vedono protagoniste le donne e i fornai del Paese al lavoro per preparare il dolce tipico della ricorrenza: la “Pizza di Pasqua”. Questo profumatissimo pane dolce a lunga lievitazione, che ricorda un po' il panettone, vede tra i suoi ingredienti principali canditi, uva passa e un inconfondibile aroma di anice e di limone. La Pizza di Pasqua o Spianata simboleggia, insieme alle uova sode che si portano in chiesa durante la Veglia per la benedizione, la fecondità e il rinnovamento dopo il lungo periodo di Quaresima. La mattina di Pasqua è tradizione consumare "la colazione benedetta", un rito collettivo praticato ancora oggi a base, proprio, di Pizza di Pasqua e uova sode.
Campli che, dal settembre 2018, è parte del Club de I Borghi più Belli d’Italia, conserva uno dei luoghi sacri più legati al mistero della Passione, Morte e Resurrezione di Cristo e, dunque, alle celebrazioni della Pasqua: il Santuario Scala Santa. La Scala Santa venne istituita a Campli il 21 gennaio del 1772, grazie ad un Privilegio Pontificio di Clemente XIV. Il merito va sicuramente al gran lavoro diplomatico dell'allora Priore dell' Arciconfraternita delle Sacre Stimmate di San Francesco, l'avv. Giampalma Palma, padre dello storico Niccola. L'edificio sacro è costituito da 28 gradini in legno da salire rigorosamente in ginocchio, per la remissione dei peccati. Coloro che effettuano il rito, ricevono l'Indulgenza Plenaria con lo stesso valore dell'omonima Scala di Roma. Il santuario "camplese", oltre al valore religioso, racchiude in sé un elevato senso artistico e culturale: sulla Scala di ascesa, come in quella di discesa, il penitente ripercorre la Passione, la Morte e la Resurrezione di Cristo, attraverso la lettura delle immagini raffigurate dalle sei grandi tele poste ai lati. Sulla sommità della Scala vi è una grata che conduce al Sancta Sanctorum, vero cuore del Santuario. Al suo interno vi sono custodite alcune schegge della Croce di Cristo oltre a numerose reliquie conservate in artistici reliquiari di scuola napoletana. La Scala di discesa presenta colori più vivi e accesi per rievocare la Resurrezione di Cristo e ad indicare simbolicamente la purificazione del fedele in seguito all'Indulgenza ottenuta. L'intero ciclo pittorico venne affidato alla maestria dell' artista teramano, Vincenzo Baldati, che ultimò i lavori nel 1781. Il Santuario "camplese" è particolare nel suo genere: è incentrato interamente sulla Passione di Cristo. Per tale motivo il 14 gennaio 2000 il Pontefice San Giovanni Paolo II concesse una nuova Bolla Papale, promulgando l'Indulgenza a tutti i venerdì di Quaresima, oltre alle Indulgenze già istituite nel 1700.
A Corropoli (TE) la processione dell’Annuncio della Resurrezione di Gesù Cristo, con le statue di San Giovanni Evangelista, la Madonna e Gesù Cristo è denominata dal popolo ”Scappa, scappa” e si svolge il martedì dopo Pasqua.
Dal Santuario della Madonna del Sabato Santo esce la statua di San Giovanni Apostolo che gira per la piazza del paese e fa quindi ritorno in chiesa, dove trova Maria Addolorata. Le statue continuano poi a girare per la piazza fino ad imbattersi con la statua di Cristo Risorto. A questo punto, il Sacerdote o il Vescovo, interviene e toglie il velo nero alla Madonna, pone sul suo capo una corona d’oro e si dà inizio alla processione per le vie di Corropoli. La statua di San Giovanni Evangelista precede la processione dei fedeli e passa anche per le vie del paese, che non saranno percorse dalla processione.
La festa ebbe origine presso la Badia dei Celestini verso la fine del secolo XV e si celebrava nella vigilia della Pasqua (il Sabato Santo).
A L'Aquila, tra le innumerevoli cerimonie merita attenzione l’abluzione dell’altare con acqua e vino, compiuta la sera del Giovedì Santo nella Cattedrale di San Massimo. Le origini dell’uso liturgico di mondare l’altare, che troviamo anche nelle Chiese d’Oriente, si trovano nei rituali del Tempio israelitico che troviamo in Esodo 29. Tra i significati simbolici di questo antico rito, si trova nel simbolismo dell’altare, l’immagine del corpo di Cristo lavato, come il corpo di un morto; il vino e l’acqua sembrerebbero, a questo punto, voler alludere e simboleggiare il sangue e l’acqua scaturiti dal costato del Signore, ferito dalla lancia che gli colpì il costato. Al termine delle abluzioni, l’altare viene unto con oli profumati.
La processione aquilana del Venerdì Santo ha origini antichissime. Infatti è possibile farne risalire l'istituzione quantomeno al 1505 per poi cessare, per motivi di ordine pubblico, nel 1768.
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Dopo una lunga interruzione, nel 1954, grazie al fattivo contributo dei frati Minori del Convento di San Bernardino, è stata ripristinata l'antica tradizione della Processione di Cristo Morto. La scenografia è resa grandiosa da centinaia di personaggi in costume che sfilano con i simulacri, gli incensieri, le statue e le torce, mentre il canto del Miserere eseguito da un gruppo corale, accompagnato da un'orchestra di archi, dona un'atmosfera drammatica alla Sacra Rievocazione. I Simulacri e i Simboli processionali sono stati realizzati da artisti moderni di fama nazionale, primo fra tutti Remo Brindisi e danno prestigio e valore artistico all'evento. Il Coro Aquilano del Venerdì Santo è composto da tutti i Gruppi Corali della città con l'Orchestra d'Archi e Flauti del Conservatorio "A. Cascella" di L'Aquila che eseguono in processione il "MISERERE" del Selecchy. L'organizzazione è a cura dell’associazione Cavalieri del Venerdì santo, i frati Minori di San Bernardino e l’arcidiocesi dell’Aquila, con il patrocinio del Comune. La suggestiva processione si tiene nelle ore serali, ha inizio dalla Basilica di San Bernardino e attraversa il centro storico della città.
L'antichissima Processione antelucana "Desolata" che si svolge il Venerdì Santo a Teramo è il rito più sentito da tutta la popolazione La processione prende avvio dalla Cattedrale e attraversando la città tocca le principali parrocchie fino a giungere al Convento di Madonna delle Grazie, da dove torna indietro e rientrare nelle prime luci del giorno da dove era partita. All’arrivo presso ogni chiesa, è la sola statua della Madonna che entra, mentre il popolo aspetta fuori. Sarà solo nell’ultima, la SS. Annunziata, che Maria troverà suo figlio disteso sul letto di morte. É un rito molto partecipato, commovente e sentito che richiama gente da ogni parte dell’Abruzzo ed anche da fuori regione: persone di ogni età e ceto sociale seguono la pietosa ricerca della Madonna, incuranti del freddo, della stanchezza (la processione si scioglie alle 7 del mattino) e del sonno e delle forze che non potranno essere recuperate, perché tra qualche ora Gesù sarà morto e si uscirà di nuovo in processione per seguire la sua bara. Nell'immaginario dei devoti essa rappresenta l'angoscioso peregrinare della madre di Cristo alla ricerca del figlio condannato a morte. Questa processione, unica in tutto l'Abruzzo, è una delle prime rappresentazioni sacre nate in Abruzzo. La sua origine si deve alla Confraternita della Madonna della Cintola. Essa nacque verso il 1260 ed ebbe inizialmente sede nella chiesa, oggi scomparsa, di San Giacomo, da cui poi, alla fine del secolo, essi si trasferirono nella vicina chiesa di Sant'Agostino, dove ancora oggi ha sede. É proprio durante questo spostamento, quindi verso il 1290, che nacque la Processione della Desolata. Questo particolare rito, semplice e commovente, rappresenta il disperato cammino della Madonna alla ricerca di Gesù condannato a morte e perciò anche il dolore di tutte le madri che hanno perso il proprio figlio. Fin dalle tre del mattino iniziano a girare in città alcune persone che suonano le troccole, visto che le campane sono ''legate'', per annunciare l'imminente uscita della processione. Alle quattro, dalla Cattedrale parte il doloroso cammino di Maria. Non c'è la banda, solo un gruppo di donne velate di nero che cantano alcuni canti della Passione tipicamente teramani. Sono sempre le donne che, scortate dagli uomini della Confraternita, portano a spalla la statua lignea della Madonna, che percorre lentamente le strade ancora deserte della città e seguita dai fedeli con fiaccole in mano. La processione si ferma in sette chiese della città.
Video Teramoweb - Diocesi Teramo Atri
Video processione Strada dei Parchi
Come per la processione della Desolata, da secoli a Teramo, la processione del Cristo Morto vede la cura di una congrega, l'Arciconfraternita della Annunziata, con sede nell' omonima chiesa, i cui membri sono detti Cinturati perché sul petto, sopra la tunica bianca, hanno una fascia azzurra, in segno di lutto, il Venerdì Santo questa fascia è nera.
I documenti più antichi riguardo questa processione datano al ’500, ma si può presupporre un'origine di molto anteriore, medievale come la Desolata. I connotati attuali risalgono ovviamente al periodo barocco, anche se quella che vediamo oggi è il frutto di alcune modifiche attuate negli ultimi due secoli.
Dopo la solenne celebrazione della Passione, alle ore 18.30 del venerdì santo, il corteo esce dalla chiesa dell' Annunziata, aperto dalla pesante croce lignea con il panno bianco del sudario; un tempo l' uomo che la portava sfilava incappucciato perché la sua identità rimanesse oscura; segue il gonfalone azzurro dell' Annunziata con il Crocifisso argenteo portato, come la Croce, dalla Confraternita della Cintola. Ecco quindi San Michele, onere del sodalizio del SS. Sacramento e, preceduta da due giovani membri della Cintola (nel 2011 sostituiti da due Cinturati), la Fede con il suo vaporoso mantello bianco e la Croce tra le braccia, portata invece da donne elegantemente vestite di nero (con tanto di fazzoletto bianco e velo sul viso).
Vengono quindi i simboli della Passione, artistiche statue lignee portati anch'essi dalle donne.
L'importanza e l'originalità della processione di Penne (PE), uno dei Borghi più Belli d'Italia, è data dai simulacri che la compongono, in particolare dal gruppo ligneo della Passione e dalla Coperta Funebre sulla quale è adagiato il Cristo morto, conosciuta anche con il nome di Copertone, ricca di ricami in oro e argento e di fili di seta variopinti applicati a una base di velluto nero.
La statua della Vergine Addolorata, ultimo simulacro che compone la Processione, è una conocchia del XVIII secolo e la memoria popolare ricorda che, nell'Ottocento, era scortata da donne e bambine vestite di nero denominate Addoloratine.
Come da tradizione, alle 11, la Madonna Addolorata, seguita dalle autorità e dai fedeli, dalla cattedrale raggiunge la chiesa dell’Annunziata. Alle 19 quando la città si ferma per partecipare alla solenne processione del Cristo Morto che attraversa tutto il centro storico, da Colle Sacro a Colle Castello, con la partecipazione delle autorità religiose, civili e militari, della banda musicale e del coro cittadino con il Miserere.
A Vasto (CH) la sera del Giovedì Santo c’è il rito della visita ai Sepolcri, o meglio “si va a ffé li Sippîliche”.
Con il Rito dei Sepolcri, con la Messa in Coena Domini, in ricordo dell’Ultima Cena, inizia il Triduo pasquale che rappresenta il culmine ed il momento più forte della Settimana Santa.
Durante la Celebrazione Eucaristica, prima della lettura del Vangelo con il canto del Gloria le campane suonano per l’ultima volta e vengono poi legate. Saranno sciolte solo durante il canto del Gloria della Veglia Pasquale. Dopo l’omelia si rinnova il rito della lavanda dei piedi, come ricordato nel brano del Vangelo.
Come da tradizione in ogni chiesa viene realizzato l’Altare della Reposizione, dove viene custodita l’Eucarestia per l’Adorazione e la comunione del venerdì. Durante la serata le chiese sono un via vai di gente per la visita ai cosiddetti “Sepolcri”: la tradizione vuole che si visitano sette chiese o comunque in numero dispari.
Il numero sette, molto ricorrente all’interno della Bibbia, ha lo scopo di ravvivare la memoria della Passione di Gesù, onorando i sette principali viaggi dolorosi fatti dal Redentore:
- Dal Cenacolo all’Orto del Getsemani
- Dall’Orto alla Casa di Anna
- Dalla Casa di Anna a quella di Caifa
- Dalla Casa di Caifa al Pretorio di Pilato
- Dal Pretorio di Pilato al Palazzo di Erode
- Dalla Corte di Erode al Tribunale di Pilato
- Dal Pretorio di Pilato al Calvario.
Secondo altri, il numero sette ricorda i dolori della Madonna, mentre altri parlano di cinque chiese in ricordo delle piaghe di Cristo.
Le chiese del centro sono le preferite dai fedeli. Se ne visitano almeno tre (sempre comunque in numero dispari secondo la tradizione), mentre anticamente non dovevano essere meno di sette.
Le cappelle sono allestite con fiori bianchi e vasi germogliati di grano cresciuti nel buio, che simboleggiano il passaggio dalle tenebre della morte di Gesù alla sua resurrezione.
I fedeli passano da una chiesa all’altra e si fermano in raccoglimento davanti a ogni altare e parlano a bassissima voce. Incontrando gli amici si cominciano a scambiare gli auguri di Pasqua.
Tutto è silenzio nell’attesa dell’evento della Resurrezione. Nella mattina del Sabato Santo, il centro storico di Vasto accoglie il rito più silenzioso e raccolto della Settimana Santa, con la processione della Madonna Addolorata che, alle undici in punto, si snoda a partire dalla centralissima Chiesa di San Francesco da Paola (o dell’Addolorata, appunto) di Piazza Rossetti.
Per le strade del centro storico si porta solennemente la statua del XVII secolo, opera dell'artista napoletano Giacomo Colombo, che rappresenta il Cristo morto deposto sulle gambe della Madonna, accompagnata dalle confraternite vastesi e dal canto della Schola Cantorum "A. Zaccardi", diretta dal Maestro Luigi Di Tullio.
Se nel Giovedì Santo predomina la solennità dell’istituzione dell’Eucaristia e nel Venerdì Santo la mestizia, il dolore e la penitenza per la Passione e morte di Gesù, con la sua sepoltura, nel Sabato Santo invece predomina il silenzio, il raccoglimento, la meditazione, per Gesù che giace nel sepolcro prima della gioia della Domenica di Pasqua con l’annuncio della Risurrezione.
Verso il XVI secolo, si cominciò con un’anticipazione della Vigilia alla mattina del Sabato Santo, forse perché non era consigliabile stare di notte fuori casa, ad ogni modo questa anticipazione al mattino del Sabato, è durata fino agli ultimi anni Cinquanta del XX secolo: verso le 10-11 del mattino del sabato si “scioglievano” la campane dai legami messi la sera del Giovedì Santo per l’annuncio della Risurrezione
Poi con la riforma liturgica Conciliare, tutto è ritornato come alle origini e il Sabato ha ripreso il significato del giorno della meditazione e penitenza; l’oscurità nelle chiese è totale, non vi sono celebrazioni liturgiche, né Sante Messe; è l’unico giorno dell’anno che non si può ricevere la Comunione, tranne nel caso di Viatico per gli ammalati gravi.
La Sacra Spina della corona di Cristo è una miracolosa reliquia oggetto di profonda devozione per il popolo vastese.
All'inizio della navata di destra della chiesa di Santa Maria Maggiore a Vasto (CH) c'è una cappella, progetto (1921) del vastese Roberto Benedetti, nato nel 1884, dove è venerata la reliquia della Sacra Spina, una delle spine, lunga pochi pollici, della corona che recinse il Capo di Gesù, donata da Papa Pio IV al Marchese Francesco Ferrante D'Avalos, signore del Vasto, quale delegato del Re di Napoli Filippo II al Concilio Ecumenico Tridentino (1545-1563). I D'Avalos la donarono, poi, alla chiesa.
La Sacra spina è conservata entro una piccola piramide dai lati di cristallo poggia sopra una specie di anfora, della scuola del Cellini, e viene esposta in un tabernacolo di grande valore artistico.
Ogni anno nell'intervallo tra l'ora sesta e la nona del venerdì santo, la Sacra Spina presenta alla punta una efflorescenza, come una specie di lanuggine bianca, e mette in evidenza qualche macchiolina di sangue ed un capello del Redentore; e il popolo accorre a vedere il miracolo, che dura qualche ora.
Suggestiva risulta la processione in onore della Sacra Spina, che ha luogo il venerdì precedente la Domenica delle Palme. La festa popolare richiama anche molti turisti.
In passato la processione si svolgeva intorno a mezzogiorno. In segno di devozione molti uomini sfilavano per le strade completamente scalzi, mentre le donne indossavano semplici calze. La processione era caratterizzata dal numero impressionante di grossi ceri colorati, chiamate anche "torce", che venivano portati in particolare dalle donne in segno di devozione ad un voto fatto. Ai quattro punti principali della città, in corrispondenza dei quattro punti cardinali, ovvero Porta Palazzo, Porta Nuova, Corso Italia e Porta Catena, venivano eretti gli altari per la rituale benedizione della terra, del mare e del cielo. Nella funzione serale, la preziosa Reliquia era presentata ai fedeli per il rituale bacio. Tanta è la devozione del popolo vastese verso la sacra reliquia, e tanti sono gli episodi che la tradizione e i libri di storia ci hanno tramandato.
Una di queste è rappresentato nel dipinto, datato 1857, presente sulla volta della navata centrale di S. Maria Maggiore, opera del pittore vastese Andrea Marchesani, dove è raffigurato "Il Miracolo della Sacra Spina", per ricordare un episodio avvenuto il 14 giugno 1645. La notte della vigilia del Corpus Domini, probabilmente a causa di un lume rimasto acceso, l’altare maggiore prese fuoco. Ben presto le fiamme divamparono su tutto il presbiterio, alimentate dalla presenza del legno del coro, dei sedili e dell’altare. Le fiamme arrivarono fino al tetto, tanto che cominciarono a cadere, una dietro l’altra, tutte le travi che lo sostenevano. La gente richiamata dal fumo e spaventata dalle alte fiamme che fuoriuscivano dalla chiesa, rimase inerme davanti alla sciagura che si stava consumando. Il pensiero della gente andò subito alla Sacra Spina, che in quel tempo si conservava all’interno di una nicchia di legno dell’Altare maggiore. Coraggiosamente uno schiavo turco, impietosito dalle preghiere del popolo, ma anche incoraggiato ad intervenire, con la promessa di guadagnare la libertà, si spinse all’interno della chiesa, e trovato un varco tra le fiamme, riuscì ad arrivare fino all’altare ed a portare in salvo la preziosa reliquia.
"Quindi può ognuno agevolmente arguire quanto maggiori, e più frequenti siano le grazie, che si dispensano da lei a favore de’ Cittadini Divoti", scrisse Francesco Leone nel volumetto “Notizie Istoriche” appartenenti alla Sacra Spina, "Non v’è disgrazia, non v’è male, che si faccia a minacciare questa fortunata Città, che alla comparsa di tal prodigiosa Reliquia non si dilegui!". L’autore del volumetto ricorda l’incendio divampato in casa Raimondi, la mattina del Sabato Santo del 1731, ma portata la Sacra Spina sul luogo, da un Sacerdote Capitolare, "appena imboccossi in quella strada, donde poteva vedersi l’incendio, le vampe si ritirarono, e non prima giunser Ella presso l’ardente casa, che affatto con universale stupore spontaneo si spensero".
In un’altra occasione, a causa delle devastazione di un imponente sciame di locuste, venne portata in processione la reliquia e "le infeste bestiole aggomitolatesi concordamente in aria a forma di vasta, e densa nube, fuggirono a sommergersi in mare". Nel 1777, a causa della siccità, durata per tutta l’estate e per buona parte dell’autunno, si decise di far uscire in processione la Sacra Spina, ma il giorno precedente alla data fissata, cadde una pioggia benefica.
Le preghiere e le intercessioni alla Sacra Spina vennero innalzate in tante altre occasioni come "Nelle scosse dei tremuoti, nelle influenze de' morbi, nelle scarsezze delle biade, nelle epidemie degli Armenti, e in qualunque altro disastro, che o sia appena comparso, o sia inteso fare strage nelle vicine Provincie, questa Università ricorrendo o con offerta di ceri, o con celebrazioni di Messe, o con penitenti Processioni, o con altre pubbliche preci, a questa sua possente Protettrice, si è veduta ora prestamente liberata, ed ora del tutto esente da que' funesti flagelli"
Il Venerdì Santo a Scanno (AQ) è caratterizzato da due antichi riti processionali molto suggestivi e toccanti.
“La processione degli Incappucciati”, organizzata dalla Confraternita della Madonna delle Grazie, come da tradizione si snoda alle ore 9.00 circa lungo le strade del borgo antico per la visita ai sepolcri. I confratelli, con il volto coperto dal cappuccio bianco e gli occhi che guardano la strada attraverso i due minuscoli fori, a passi lenti ed a coppia, incedono per le strade di pietra tra antichi palazzi e case colorate dal tempo. L'antico cerimoniale che testimonia il lutto per la morte di Cristo è reso ancora più struggente da canti molto tristi come “Il cristiano a pié della Croce” che tende ad avvicinarsi alla melodia devozionale tipica della nostra regione. Non è certo agevole ricercare le origini di questa tradizione che si può far risalire alla metà dell'Ottocento quando il cappellano Don Paolo Parente istituì la cerimonia religiosa in quanto il Venerdì Santo è tradizionalmente giorno di penitenza obbligatoria per tutta la Chiesa e giorno di celebrazione della passione del Signore.
La giornata ha il suo culmine al calar della sera, quando alle ore 21.00 la processione più intima e mistica del "Cristo Morto” percorre le vie interne accompagnata dalle struggenti note di un prezioso Miserere, canto che fa da sfondo a numerose celebrazioni del periodo pre-pasquale in quasi tutte le località dell'Abruzzo
I riti del triduo pasquale che si svolgono a Pratola Peligna (AQ) sono tra i più suggestivi d’Abruzzo.
Iniziano la sera del giovedì santo e terminano con “la Resuscita” nella mattinata di Pasqua. L’organizzazione è curata dall’Arciconfraternita della SS. Trinità. Nella notte tra il Giovedì e il Venerdì Santo un gruppo di Confratelli percorre le strade del paese per annunciare la cattura di Gesù nel Getsemani. Successivamente, la mattina del Venerdì Santo verrà aperto il Sepolcro allestito presso la Chiesa della SS. Trinità da cui la sera stessa prenderà avvio la Solenne Processione, sempre molto lunga e suggestiva composta da tutte le varie realtà locali. Il giorno dopo, il Sabato Santo, durante la Solenne Veglia Pasquale, i Trinitari rappresenteranno la Resurrezione del Nazareno portando a passo di corsa il Simulacro del Cristo Risorto. Durante la mattina di Pasqua si terrà in Piazza Garibaldi la tradizionale Resuscita: la Madonna, vestita a lutto, perderà, alla vista del Figlio Risorto, il manto nero durante una breve ma intensa corsa, svolta da entrambe le statue portate a spalla dai Confratelli della SS. Trinità, che si concluderà all’altezza della storica fontana tra un volo di colombe e un festoso fuoco artificiale che annunceranno la gioia della Pasqua; al termine, si svolgerà una breve Processione tra le vie del centro storico.
Un centinaio di figuranti, da tutta la Valle del Fino, coinvolgono gli spettatori in un viaggio di riscoperta delle radici cristiane a Villa Bozza di Montefino (TE). Pieces teatrali rigorosamente dal vivo (con attori non professionisti) si alterneranno a momenti di grande pathos quali il Calvario, a cui il pubblico è chiamato concretamente a partecipare muovendo dalla piazza principale del paese che fa da sfondo agli episodi della vita pubblica di Cristo (Ultima Cena, Processo davanti al Sinedrio, la Condanna), verso la parte alta in cui la rievocazione raggiungerà il suo culmine con il rimorso di Giuda, la Crocifissione e la Resurrezione.
Il tutto realizzato grazie all’impegno di persone che nonostante difficoltà di ogni tipo cercano di tenere viva una tradizione paesana ormai secolare, tramandata di padre in figlio.
A Sulmona (AQ), in tarda serata i confratelli Trinitari, in camice rosso cremisi, accompagnano i simulacri del Cristo Morto e dell’Addolorata per le vie del centro, dalla chiesa della SS. Trinità.
VIDEO > https://youtu.be/uoyiTyVf7rs
Dall’imponente corteo, sotto la fioca e tremula luce della lunga teoria di fanali, si diffondono le meste note del Miserere, intonate dal coro di sole voci maschili con più di cento cantori e sottolineate dallo struscio, lo strofinare lento e ritmico delle suole a terra in segno di invocazione di misericordia.
Tra i numerosi riti pasquali a Sulmona, la sera del Sabato Santo si svolge, una cerimonia intima, un corteo di silenzio e semplicità: la Vergine, vestita del manto nero in segno di lutto, lascia la chiesa di Santa Maria della Tomba, portata dai confratelli di Santa Maria di Loreto.
La sua figura sembra sprigionare un carico di tristezza e dolore. I fedeli che l'accompagnano lungo il percorso verso la chiesa di San Filippo, in fondo a Piazza Maggiore, nel buio della notte appena illuminata dalle fiaccole delle candele, vivono l'evento con intensa partecipazione. É in questa chiesa che si attenderà il mattino seguente, da dove, a mezzogiorno in punto, prende le mosse l’emozionante sequenza della “Madonna che scappa in piazza”.
Questa processione è forse uno dei momenti più toccanti della Settimana Santa a Sulmona, un rito poco conosciuto, ma di grande emozione che, nella sua semplicità, rende ancor più vero il significato della Pasqua.
Solenne e gioiosa è l’atmosfera che si respira la mattina della Domenica di Pasqua a Sulmona (AQ) in una Piazza Garibaldi gremita di folla, con la celebre manifestazione di origine medievale “La Madonna che scappa”, che rievoca la Resurrezione di Cristo.
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In uno dei lati della piazza, sotto le arcate dell’acquedotto svevo, è visibile la statua del Cristo Risorto. Dalla parte opposta, all’interno della Chiesa di San Filippo si trova la Madonna vestita a lutto. I due discepoli di Gesù, San Pietro e San Giovanni, vanno a vicenda a bussare alla porta della chiesa per recarle la lieta novella della resurrezione del figlio. Al terzo tentativo la Madonna esce e percorre con passo incerto e cadenzato la distanza tra la chiesa e il centro della piazza, ancora incredula e sconvolta dal dolore. Giunta a metà della Piazza, riconosce il Figlio risorto che l’attende. A questo punto inizia una corsa sfrenata, durante la quale le cade il mantello nero del lutto, le resta indosso il vestito verde, il colore della primavera, foriera di lieti auspici mentre un volo di colombi si libra nel cielo accompagnato da scoppi di mortaretti. Ancora una volta si è compiuto un rito che vanta radici remotissime che vanno ben oltre la dimensione cristiana.
A Lanciano (CH) si svolge la suggestiva Processione degli Incappucciati, è uno dei riti della Settimana Santa più solenni e commoventi.
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Il rito la cui origine risale al XVI secolo, si svolge la sera del Giovedì Santo a Lanciano (CH). Per i cristiani è l’ultima cena, la sera del tradimento. I Confratelli di San Filippo Neri procedono in corteo, vestiti con lunghe tonache nere e medaglioni con simboli di morte, con il volto incappucciato, vivendo un atto di penitenza per il tradimento di Cristo. Il corteo avanza a passo lento, attraverso le vie del centro storico, accompagnato dal suono mesto della banda che propone toccanti brani di musiche sacre mentre il “Cireneo”, cammina al centro del corteo, scalzo e incappucciato, portando sulle spalle la pesante Croce del Calvario. Nessuno, tranne il Priore della Confraternita che annualmente effettua la scelta, conosce l’identità del Cireneo
A Barrea (AQ), sulle sponde dello splendido lago, si svolge il sabato santo, la rievocazione delle ultime ore della vita di Cristo.
Alla rappresentazione prendono parte circa 200 tra attori e figuranti tutti del luogo. La Sacra rievocazione riesce sempre a commuovere e stupire il notevole pubblico presente, stimato intorno alle 3.500 unità, rendendo possibile rivivere, dall’ingresso in Gerusalemme alla crocifissione, tutti i momenti della passione e morte di Gesù. Ogni edizione è diversa dalle precedenti, poiché di anno in anno si aggiungono scene, si arricchiscono e realizzano nuovi costumi, si migliorano gli effetti speciali e i dialoghi.
Nello splendido borgo di Introdacqua (AQ), ogni anno, la Domenica di Pasqua, si svolge il rito de "La Madonna che véle". La manifestazione che si ritiene iniziata nella seconda metà dell'Ottocento.
Mentre la piazza è gremita di folla in attesa spasmodica, ecco apparire lentamente dalla salita di San Rocco la statua della Madonna vestita a lutto portata a spalla da quattro giovani, privilegio che si acquisisce mediante asta pubblica in presenza dei deputati organizzatori della festa, un rito questo che si ripete per ogni processione. La Madonna si incammina verso la parte opposta della piazza dove c'è in attesa il Cristo Risorto, all'incirca metà della piazza quando si intravede il Cristo Risorto i portatori pian piano danno inizio alla frenetica Volata tra spari di mortaretti, suono di campane e banda locale che suona in sottofondo, il mantello nero della Madonna cade dalle sue spalle ed ella riappare nella consueta e sontuosa veste celeste, mentre sulla mano destra, quasi per incanto, appare una rosa anziché il bianco fazzoletto da lutto. Un grido prorompe dalla folla, un grido di liberazione dopo l'attesa spasmodica, ed è un momento di grande emozione generale. Subito dopo l'incontro tra la Madonna e il figlio Risorto si procede con una grande processione per le vie del paese, seguita dalle due confraternite, dalle autorità del paese e dal popolo. É interessante rilevare che la Madonna per gli introdacquesi non "scappa", come nell'espressione sulmonese, ma "vola". Ed un vero e proprio volo è quello che, visto da lontano, sembra passare sopra le teste degli astanti.
A Spoltore (PE) svolge la Sacra rappresentazione de “La Madonna che corre”, "L'Abbandunate", di antica origine, ambientata nel centro storico di Spoltore.
Come ogni anno in Piazza D'Albenzio, a mezzogiorno circa della mattina di Pasqua, dopo la Messa, Maria Maddalena corre per dare l’annuncio gioioso della Resurrezione del Cristo, ma la madre, vestita di nero, non crede alla notizia. Solo al terzo tentativo, incredula, si avvia verso il centro della piazza, seguita da San Giovanni e Maria Maddalena. É il momento più atteso dalla folla dei fedeli: il Figlio risorto va ad incontrare la Madre.
Un’esplosione di gioia! Alla vista del Figlio, la Madonna lascia cadere il manto nero sotto cui appare una splendida veste bianca. É la rappresentazione del trionfo della vita sulla morte
A Orsogna (CH) il martedì dopo la Pasqua, Orsogna (CH) fa rivivere la scenografica sfilata di sette carri allestiti con sacre effigi ispirate alla Bibbia. La Festa dei Talami, divenuta nel 2011 “Patrimonio d’Italia per la tradizione”, si svolge ogni anno e richiama migliaia di persone attratte da uno spettacolo unico che coniuga il teatro con la devozione popolare.
Nel corso della mattinata di martedì in albis, ogni "talamo", muovendo dal quartiere che ne ha curato la realizzazione, si dirigerà nel centro storico dove si snoderà la sfilata. Su ogni talamo, attori giovani e adulti - immobili davanti a un fondale affrescato, posto sotto una raggiera alla quale è legata una bambina che impersona la Madonna - interpretano scene ispirate al Vecchio e Nuovo Testamento. Questi quadri biblici viventi sono posti su carri, trainati da trattori, tranne l'ultimo, che per tradizione viene portato a spalla dagli alpini.
A Corropoli, Lanciano, Spoltore nella mattina della domenica di Pasqua e martedì in albis, si svolge la rappresentazione dell'"Incontrata della Madonna". Alla fine della funzione liturgica, a mezzogiorno, si svolge la rappresentazione figurata (con le statue) degli apostoli che annunciano alla Madonna la resurrezione del Cristo e che si conclude, dopo un inseguimento per le strade del centro storico, con l’incontro tra la madre ed il figlio.
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