Magazine

A teatro nel bosco: il lupo di Pretoro

Ogni anno ai margini del bosco di Pretoro (CH), la suggestiva rappresentazione "Lu Lope"

Data:

23 aprile 2024

Tempo di lettura:

6 min

Argomenti
  • Riti della tradizione
ph Sante Cellucci

Descrizione

Antico è il legame che nei secoli il borgo di Pretoro, ha intessuto con il superbo predatore, al quale è dedicato un museo e un dolce locale, la “torta del lupo”, con cacao e Montepulciano d’Abruzzo. Il fiabesco animale oggi ancora popola l'Area faunistica del Lupo a 750 metri s.l.m. ed è osservabile dalle feritoie poste lungo gli steccati di legno che delimitano le aree a loro destinate, in particolare nel momento in cui vengono alimentati.  Fu proprio a Pretoro, secondo la leggenda, che San Domenico incontrò un gruppo di persone che rincorrevano disperate un lupo che aveva portato via un bambino, mentre i genitori taglialegna lavoravano nel bosco. Il Santo allora rincorse e raggiunse il lupo e, come San Francesco, gli ordinò con voce ferma di lasciar andare la sua preda e l'animale al suono della sua voce restituì, incolume, il bambino. Come in un teatro di corte, gli attori che vi partecipano sono solo uomini e si tramandano il ruolo di padre in figlio (Silvino Filoso, marito, Vincenzo Di Felice, moglie e Luca Pellegrini, lupo).  Il bimbo è l'ultimo nato nel mese di febbraio in paese o nei paesi limitrofi. Patrimonio immateriale d'Italia riconosciuto dall’Istituto Centrale per la DemoEtnoAntropologia, la sacra rappresentazione del miracolo di San Domenico abate, protettore del borgo, il cui culto risale al 1875, prima solo mimica, ha in sottofondo la recitazione del testo poetico "Lu Lope" di Raffaele Fraticelli. 

Il rito religioso officiato nella Chiesa di San Nicola apre la solenne celebrazione, seguita dai serpari che sfilano con il collo e le braccia adornati di serpenti in processione, in onore di San Domenico, protettore contro serpenti e cani rabbiosi. Saranno premiati quelli che avranno portato in processione i serpenti più lunghi. Caratteristici sono anche i “laccetti”, braccialetti di cotone e fili colorati, realizzati ad uncinetto dalle donne del paese, che vengono benedetti e per tradizione simboleggiano la protezione di San Domenico da mal di denti e dai morsi dei serpenti. Al suono della banda il corteo si muove verso il luogo della rappresentazione nei costumi tipici del paese insieme al "portatore" che reca il quadro con l'immagine di San Domenico.

L'ultimo nato interpreta il ruolo del bambino rapito, adagiato nella cesta dove tradizionalmente venivano posti i bambini durante il lavoro nei campi e nei boschi, il lupo è un uomo accovacciato che indossa il manto tipico del predatore. Madre e padre durante la frugale colazione, rivolgono le loro preghiere ai Santi e alla Provvidenza perché li possano proteggere dalle insidie del bosco. Dopo vari tentativi andati a vuoto il lupo (lu lope), un uomo accovacciato, che indossa il manto tipico del predatore, nascosto nel bosco riesce a prendere tra le sue fauci il piccolo che, infine, grazie al miracoloso intervento del Santo, deporrà sano e salvo.

Sorto intorno al 1600 intorno al Castello, sul versante orientale della Maiella, il borgo di Pretoro, uno dei Borghi più Belli d'Italia, l'antico "Castrum Pretorii de Theti", circondato da meravigliose faggete, sembra il proseguimento stesso della roccia. Il centro storico presenta un'affascinante trama in pietra di vicoli strettissimi e intrecciati tra loro come un ricamo prezioso regalando scorci sul maestoso panorama che circonda il paese. A pochi chilometri dal borgo, le piste da sci del comprensorio Passo Lanciano - Maielletta in inverno offrono un’alternativa alla quiete del centro storico. Pretoro è conosciuto anche come il paese dei “fusari” che realizzavano i fusi in legno per trasformare la lana in filamenti.

Nel 2021 è scomparso Antonio Palmerio, chiamato con riverenza "Mastro Tonino" che, nella sua bottega in un fondaco incastonato nel centro del borgo, ha realizzato grandi capolavori modellando il legno con mani sapienti e divenendo una celebrità per appassionati o semplici curiosi che a centinaia gli facevano visita. Alla sua vita e alle sue opere sono stati dedicati un museo, un libro e diversi documentari. Ancora oggi a Pretoro è possibile ammirare le opere di tornitori, intagliatori, scalpellini che realizzano oggettistica di pregio, forchette e cucchiai, "carratori", gli strumenti per realizzare uno dei piatti più gustosi della cucina abruzzese, la pasta alla chitarra.

"Con la parola luce condivide la radice (leuk, lykios, lupus). I suoi occhi sono luminosi, il suo sguardo illumina la notte. Nella mitologia greca e latina i lupi sono attributi di Apollo (Lukios), dio del Sole e Artemide, dea della Luna, nati e sopravvissuti in Licia proprio grazie alla protezione dei lupi. Altre figure mitologiche avevano sembianze di lupo, come Leto, che proveniva dalle fredde contrade dei lupi, luoghi nei quali il sole era la luna. Gli stessi dei come Apollo, Artemide o Aplu, divinità anatolica, erano protettori o cacciatori dei lupi, degli animali selvatici, delle fiere e delle greggi. Ma ciò che da sempre mi affascina è la figura del lupo come tramite e portatore di una conoscenza che proviene dal mondo delle tenebre, dal regno delle ombre, simbolo dell’esperienza archetipica, fuori dal tempo. E’ metafora del buio che ingoia la coscienza, del viaggio iniziatico che l’uomo deve compiere per riportare la luce tra gli uomini, attraversando gli inferi. Gola di mostro che inghiotte il sole, il lupo è guardiano all’entrata del mondo dei defunti, con le fauci a simboleggiare l’antro di un mondo da cui non si fa ritorno. Come la luce esce dall’ombra, il lupo esce dal bosco." (Mia Canestrini, zoologa)

Titolo del Paragrafo
Presenze del sacro
Immagine Paragrafo
Chiesa Madonna della Mazza - Pretoro
Credits Immagine Paragrafo
maury3001 CC BY 3 0
Descrizione Paragrafo

Ad attendere quanti, dopo aver partecipato alla mistica rappresentazione, vogliano ancora scoprire ulteriori presenze del sacro, un sentiero che parte dall'abitato di Pretoro, riservato ad escursionisti, conduce attraverso aceri, carpini neri e frassini e antichi mulini rupestri in funzione fino a quasi la metà del 1900, fino alla confluenza tra il fiume Foro e il torrente Angelo verso la Grotta dell'Eremita, nella Valle dell'Angelo, quasi alla confluenza con la Valle del Foro.

L'ingresso della grotta, largo circa 22 metri, è chiuso da grossi massi e da muretti a secco realizzati dai pastori. Nella parte interna si possono individuare due zone: la prima, a sinistra dell'ingresso e priva di luce, era utilizzata con molta probabilità per il ricovero degli animali, mentre la seconda, meno umida, serviva da abitazione. La grotta attesta una successione continua della presenza umana attraverso i millenni (vi sono stati rinvenuti utensili in selce e reperti ceramici dell'età del bronzo). É chiaro che questo versante della Majella, abbastanza dolce, doveva essere molto frequentato dall’uomo primitivo che saliva a caccia sui monti, ed una grotta così ampia e comoda non poteva passare inosservata. Il luogo divenne oggetto di culto in epoca imprecisata ma anteriore al 1581, anno in cui si data un documento che definisce la grotta "ecclesiam Sancti Angeli". Nel corso dei secoli si servirono del riparo anche i pastori, durante i periodici spostamenti con i loro armenti e la popolazione che fuggiva dai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale. La presenza dell’acqua indica il culto di San Michele Arcangelo citato in un documento del 1581. Sugli eremiti che l’hanno abitata non si hanno ricordi recenti ma solo alcune leggende. Si narra, per esempio, che l’acqua del Foro si separava per lasciar passare l’eremita solo quando questi era privo di peccati. 

Inoltrandosi, in alternativa, sulla strada provinciale tra Pretoro e Passo Lanciano, a circa 1000 metri s.l.m. si può far visita alla duecentesca Chiesa Romitorio della Madonna della Mazza, nota nell'antichità come Santa Maria del Monte. Il romitorio, recentemente restaurato, si articola su due piani con ingresso su un lato dell'edificio. La zona cultuale, nei tempi antichi, aveva sul fondo un secondo ingresso oggi murato. L'architrave presenta una ricca decorazione, nella quale si distinguono due leoni accovacciati. Nella nicchia sopra l'altare è collocata la statua della Madonna con Bambino che regge, nella mano destra, lo scettro o bastone da cui prende il nome: Madonna della Mazza. La chiesa, insieme a buona parte della montagna circostante, apparteneva ai cistercensi della Badia di Santa Maria d'Arabona. I racconti popolari narrano del rinvenimento dell'immagine sacra della Madonna su un albero, il trasporto in paese ed infine il miracoloso rientro nel romitorio. Si narra, inoltre, di una anomala nevicata che impedì la solenne processione del 2 luglio e la Madonna tornò così da sola nella chiesa lasciando le proprie impronte sulla neve.

Edizione 2024

Galleria Immagini

Video

Video non disponibile.

Contatti

Ultimo aggiornamento

08/05/2024, 13:17

Pubblicato da Laura Toppeta