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Tra fede e magia: "La pietra del Santo"

Diventa un film il miracoloso monolite di San Paolo tra le "unghie del diavolo"

Data:

16 luglio 2024

Tempo di lettura:

7 min

Argomenti
  • Natura e panorami mozzafiato
  • Riti della tradizione

Descrizione

Mentre Paolo di Tarso era in viaggio sentì la voce di Cristo che gli disse "Paolo, Paolo , perchè mi perseguiti?" Per lo stupore Paolo cadde da cavallo e si trovò cieco.

Una pietra misteriosa, ancora oggi meta di pellegrinaggi, si trova non lontano da Castilenti, nei pressi del Colle della Giustizia, nel magico scenario della Riserva dei Calanchi di Atri, noti anche come "Bolge" o "Scrimoni" nella lingua dialettale del luogo, colline caratterizzate da accentuate forme di erosione che solcano l'arenaria e costituiscono la forma più suggestiva del paesaggio collinare adriatico, delle vere e proprie sculture naturali, così estese e spettacolari da aver determinato l'istituzione di una Riserva Naturale Regionale.

Atri, Bucchianico, Casalincontrada, Abbateggio, il Giardino delle sculture di Lanciano, sono le location prescelte per il nuovo docufilm di Andrea Malandra, regista pescarese che racconta la storia della ricerca della pietra miracolosa di una madre in cerca di guarigione per la propria figlia.

Il film è stato realizzato grazie al sostegno della Fondazione Pescarabruzzo e con la collaborazione di enti e associazioni di Casalincontrada come il CEdTerra (Centro di documentazione delle case di terra cruda) e l'Associazione Le Ginestre che si occupa della conservazione del patrimonio culturale regionale.

 

Titolo del Paragrafo
San Paolo tra tradizione e fede
Immagine Paragrafo
la pietra di san paolo atri
Descrizione Paragrafo

La cosiddetta "Preta di Sante Paule" si trova al centro di una piccola cappella, dove le madri conducevano i propri figli per sottoporli ad un rituale magico-religioso volto a sanarli dal rachitismo. La pietra è bianca, tenera, simile a una colonna spezzata e diversa dalle altre del luogo, di forma fallica presenta la sommità con un incavo e un piccolo canaletto per il deflusso dei liquidi. La pietra inoltre è caratterizzata da segni di incisioni e raschiamenti superficiali per il prelievo di materiale “taumaturgico”.

Il rituale consisteva nel portare il bambino malato in prossimità del monolite conficcato nel suolo sulla cui sommità era ricavata un incavo (coppella) dove le madri dei bimbi sofferenti depositavano del vino rosso con il quale provvedevano a lavare i piccoli per guarirli dal cosiddetto "male-sinizze", una forma di rachitismo e di deperimento organico indotti dalle fattucchiere per cui il bambino, "lu citèle" è rannicchiato su se stesso.  Il rituale è praticato dalle "mastre", le donne che conoscono il rito, tramandato di generazione in generazione, che accompagnano la madre e il piccolo al miracoloso monolite. Prima che spunti il sole, la "mastre" chiede alla madre "Chi purte?" - "Nizze e sinizze" - risponde la madre - "E chi vvu?" - ribatte la mastre - "Arevòje nu belle cìtele grasse" - conclude la madre.

A questo punto il piccolo passa per tre volte sopra la pietra dalle braccia della madre a quella della "mastre" che lo tocca per sciogliere "lu sinizze". Infine il bambino viene lavato con il vino versato nella cavità sulla pietra, sfamato e spogliato dai vestiti che indossa che vengono depositati sopra la pietra, insieme a cibo abbondante, avanzato dalla colazione e denaro, raccolto tra gli abitanti del luogo. Si procede alla raschiatura con un piccolo coltellino di materiale polveroso dalla pietra e alla deposizione dello stesso all’interno di un piccolo sacchettino (lu brevuccie) e, percorrendo una strada diversa da quella utilizzata per arrivare alla miracolosa altura, si torna a casa facendo passare il bambino dalla finestra. Una delle ultime "mastre" fu l'ostetrica (la "mammine", in dialetto abruzzese, Emilia Di Michele che ha accompagnato migliaia di sinizzati alla pietra miracolosa. 

La leggenda vuole che la pietra sia la stessa dove a Roma fu martirizzato S. Paolo Apostolo, probabilmente attorno al 64-67, durante la persecuzione di Nerone, ma più verosimilmente si tratta dei resti di un’ara precristiana dove viaggiatori e mercanti che percorrevano l’Ager Hatrianus (all’epoca importantissimo centro viario e commerciale) e l’antica via romana Hatria–Pinna, si fermavano a riposare e a ringraziare gli Dei sacrificando animali, come testimonia la presenza di incisore giugulatorie atte al deflusso del sangue e del vino purificatore anche se più verosimilmente la stessa potrebbe essere parte di un vecchio cippo miliare, in seguito utilizzato per cerimonie cultuali, come il rinomato cippo di Castilenti, abbandonato ed eroso dal decorso dei tempi e dalle intemperie.
Con l’avvento del Cristianesimo la pietra viene dedicata a S. Paolo di Tarso, protettore contro streghe e demoni e di nuovo la storia si confonde con la tradizione e la fede. Ancora oggi vi si recano interi gruppi famigliari che portano alla pietra i bambini affetti dal “male sinizze”.

“diceva mio padre che prima la pietra si trovava più sotto di un centinaio di metri, dove mò sta un uliveto. Per stare più comodo, il padrone del terreno se la portò vicino alla casa, dove sta adesso. Per trasportarla ci vollero sette pariglie di buoi (14 buoi), ma la pietra se ne tornava al posto originario per tre volte. La cappelletta in muratura, con il tetto, è stata costruita una ventina di anni fa da un altro padrone, così chi andava non stava al freddo, in mezzo alla strada. Prima era riparata con una capanna alla bell’e meglio. Ci vengono persone da tutte le parti qua attorno e pure da lontano, questa stagione (1996) è venuta una mamma con una creatura di due anni da Cermignano (TE). La preta di Sande Paule guarisce da lu “male sinizze”, quando un bambino o una persona non cresce più, non va avanti, piuttosto va arrete, pure per qualche fattura o magarìe; allora viene qua e non deve parlare, né rispondere a nessuno, messa sulla preta, la creatura viene spogliata nuda e lavata con il vino, per “purgarla”, ci si dice pure qualcosa insieme ma non lo so che cosa, poi ci deve pure mangiare. Alla fine, con un coltellino, si raschia un po’ di quella pietra e si mette in un “brevuccie” che si porterà sempre appresso per protezione. I vestiti vecchi restano là e viene rivestito con panni nuovi e per ritornare a casa si deve fare una strada diversa dall’andata (di solito scendono da sopra e se ne vanno da sotto, dove mò l’aspetta pure una macchina, una volta venivano tutti a piedi). Mio fratello si fece la prima comunione con una divisa da ufficiale della marina che un giovanotto aveva mandato a sande paule dall’America per devozione, che era stato salvato dal male quando era piccolo. I vestiti dopo che venivano lasciati la potevano essere presi da altri per essere usati. (Testimonianza verbale del sig. Fuschi Pasquale, classe 1924)

In Abruzzo San Paolo è chiamato in diversi modi: "Babele"  o "Pavele" o "Paule" e il giorno della sua conversione "li Cummirse", le Cummjierze, "li juorne de Sam Babele" indicando anche i giorni precedenti il 25 gennaio. Secondo la leggenda chi nasce il giorno di San Paolo (o il giorno di Natale) è un lupo mannaro (lupe panare) o è un vero "ciarallo" o "serparo" come il primo maschio nato dopo sette figlie femmine. Per loro i serpenti sono innocui e sanno guarire chi ne subisce il morso, lavando la ferita con vino cotto e recitando la formula seguente: 
 

Sande Dumineche ha fatte la sèrpe,
E ssande Pavele l a squajjat, là scupèrte
L' à mésse 'm mèzz a mmare, ) E l' à squajjate come ssale, 
Come lu sal' a la menéstre :
Vatt' a squajja', bbrutta bbèstie! 

Nella notte che precede il giorno di San Paolo, il 25 gennaio, le  serpi escono dalle loro tane. Se spira la tramontana,  muoiono, se spira lo scirocco, vivono. Nella notte di San Paolo i serpenti sono condannati a dormire con la testa fuori la tana. Se è sereno e gela, le serpi giovani muoiono,  se non gela, l'annata sarà abbondante di serpenti. "''N Zande Pavele lu cervòn arevóte la coccia a la cavute" (volge il capo verso l'apertura della buca, cioè si dispone ad uscire).  Toccherà  vedere nel corso dell'anno tanti serpenti quante sono le persone incontrate al primo uscir di casa. Nel dì di S. Paolo, chi esce al mattino, se vede per primo un uomo adulto o un giovane o un ragazzo, vuol dire che nell'anno vedrà un serpe grosso o un serpente ordinario o un serpentello, ma se, nell'uscir di casa, se vede donne vedrà le vipere " te esce vipre". Nella mattina di S. Paolo, i contadini battono con la scure sugli alberi che danno pochi frutti, li apostrofano, e minacciano di reciderli, se, dopo qualche anno di mora, non produrranno abbondantemente come accade anche nella mattina di S. Giovanni. Nel giorno di San Paolo si osserva il tempo,  traendone pronostici per l'annata alla mezzanotte: la nebbia, il più temuto de' segni, è indizio di malattie, il vento di guerra, la pioggia, con vento meridionale, di cattiva annata, il sereno, con vento settentrionale, di buon'annata, il cielo sereno, indica abbondanza di serpi. I giorni della Conversione di S. Paolo, 23, 24, e specialmente il 25 , sono ritenuti ideali per la potatura delle viti .

Video

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Crediti Video
Adriano De Ascentiis

Trascrizione del video

La pietra di san Paolo è un monolite di origine calcarea che si trova lungo l'omonimo sentiero all'interno della Riserva Naturale Regionale Oasi WWF Calnchi di Atri. Al monoite da tempo immemore si attribuiscono dei poteri taumaturgici nei riguardi di alcune patologie tra le quali la spina bifida, il rachitismo, affezione dell'apparato respiratorio. Attorno alla pietra nel corso degli anni si sono sviluppate tante credenze e leggende popolari che in parte vengono riproposte nelle due testimonianze orali presenti nel racconto. Video e montaggio a cura dell'Ass. La leggera di Firenza che ha svolto il progetto di ricerca per conto della Riserva naturale Atriana.

Ulteriori informazioni

Ulteriori informazioni

liberamente tratto da: Curiosità popolari tradizionali di G. Pitrè

L'Eco della Stampa - Paesi del Teramano,

https://riservacalanchidiatri.it/la-pietra-di-san-paolo

Ultimo aggiornamento

19/07/2024, 09:14

Pubblicato da Laura Toppeta