Meraviglie. Alla scoperta della penisola dei tesori: Alberto Angela racconta Civitella del Tronto

Meraviglie. Alla scoperta della penisola dei tesori: Alberto Angela racconta Civitella del Tronto

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Appuntamento con  Alberto Angela stasera su Rai1, alle 21,20 nel borgo teramano di Civitella del Tronto, uno dei borghi più belli d'Italia.

Il viaggio tra le bellezze naturali e artistiche dello Stivale "rinnovata dichiarazione d’amore per l’Italia, un omaggio agli italiani, a quanto hanno saputo fare nei secoli e a quanto, tra mille difficoltà, continuano a fare" condotto da Alberto Angela, fa tappa in Abruzzo in un borgo dalla storia millenaria, noto anche per ospitare "la ruetta" il vicolo più stretto d'Italial

Civitella del Tronto è dominata dall'imponente fortezza a 600 m. s.l.m., una delle più grandi e importanti opere di ingegneria militare d'Europa. La struttura è completamente visitabile, grazie ad un importante intervento di restauro curato dalla Soprintendenza dell''Aquila. Nel Castello vengono organizzate frequentemente attività didattiche per ragazzi e bambini, giornate a tema sulla vita degli antichi abitanti del Castello, costruzioni di armi d'epoca, laboratori ceramici, caccia al tesoro, laboratori di falconeria con possibilità di addestrarsi con l'aiuto di un esperto, su quest'antica e affascinante pratica. La visita si sviluppa attraverso tre camminamenti coperti, le vaste piazze d'armi, le cisterne (una delle quali visitabile), i lunghi camminamenti di ronda, i resti del Palazzo del Governatore, la Chiesa di San Giacomo e le caserme dei soldati. 

Già nel XII e nel XIII secolo il borgo fortificato di Civitella, situato in posizione strategica rispetto al vecchio confine settentrionale del Viceregno di Napoli con lo Stato Pontificio, dominava le valli ascolane e aprutine. Il forte vero e proprio, sulla sommità del monte, si estende per oltre 500 metri sulla cresta rocciosa e copre una superficie complessiva di circa 25.000 mq. Notevole e suggestivo è il panorama che si gode dalla Fortezza a partire dal vecchio incasato sottostante con le singolari case-forti  per proseguire con i massicci del Gran Sasso, della Laga, della Maiella, dei Monti Gemelli fino al Mare Adriatico.

La cinta urbana venne forse ampliata da Alfonso d'Aragona alla metà del Quattrocento e agli inizi del XVI secolo si deve probabilmente all'intervento architettonico di Bernardo Buontalenti l'adeguamento della rocca alle nuove esigenze difensive con bastioni circolari e uno pentagonale. L'impianto oggi visibile dopo il restauro degli anni Settanta del secolo scorso, è quello voluto dal re di Spagna Filippo II d'Asburgo nella seconda metà del Cinquecento e che andò a rimpiazzare la rocca aragonese. L'adeguamento tattico ottocentesco rese la fortezza l'ultimo baluardo a resistere al lungo assedio dell'esercito piemontese nel 1860-61. Un monumento marmoreo in stile neoclassico realizzato nel 1829, per volere di Francesco I di Borbone è dedicato all'Ufficiale Irlandese Matteo Wade, comandante della piazzaforte di Civitella del Tronto durante l'assedio del 1806.

La leggenda che aleggia intorno alla Fortezza di Civitella, è quella che racconta dell'esistenza  di una gigantessa, probabilmente in seguito al ritrovamento, negli anni Settanta,  di uno scheletro di una donna alta più di 2 metri, nei pressi della Grotta S. Angelo, vissuta probabilmente intorno all'anno 1000. La donna, deceduta per morte violenta, stringeva tra le mani un'arma di cui nessuno ha saputo indicare la natura e lo scopo: un lungo bastone di ferro e rame terminante con un uncino avvolto in una fitta rete metallica.

All'interno della Fortezza è visitabile il Museo delle Armi e mappe antiche che si sviluppa su quattro sale dove sono conservate armi e mappe antiche, queste ultime connesse alle vicende storiche di Civitella del Tronto. Tra le armi si segnalano alcuni schioppi a miccia del XV secolo, pistole a pietra focaia, un cannone da campagna napoleonico e dei piccoli cannoni detti "falconetti" da marina.

L'abbazia di Santa Maria di Montesanto a Civitella del Tronto, è uno dei monumenti più suggestivi dell'intero territorio teramano. La tradizione storica ne attribuisce la fondazione a San Benedetto da Norcia, che ne avrebbe avviato in persona la realizzazione nel 542. Il monastero sorge in cima ad un colle impervio e scosceso, isolato in mezzo ad una zona quasi pianeggiante. L'intero complesso, costituito dalla Chiesa romanica di Santa Maria e dagli ambienti dell'Abbazia, è di grande interesse, soprattutto dal punto di vista storico. La chiesa, di elegante sebbene austera semplicità, è una costruzione a navata unica, realizzata ristrutturando la nave sinistra e parte di quella centrale della chiesa più antica. 

Il Santuario ed il convento di Santa Maria dei Lumi, eretti nel 1466, sorgono su un colle di fronte l’abitato, a poca distanza dalla strada che porta al centro di Civitella. La loro fondazione è attribuita a San Giacomo della Marca; la loro storia è legata a quella del borgo, non solo per gli aspetti religiosi e culturali, ma anche per quelli civili e militari. Durante ogni assedio a Civitella, infatti, sono stati sede dei comandi attaccanti o bersaglio dei contro-bombardamenti dalla Fortezza. Nell’Altare Maggiore si trova una Madonna col Bambino, detta Madonna dei Lumi: splendida statua lignea policroma realizzata da Giovanni di Biasuccio nel 1489. Vi sono poi due monumenti sepolcrali nella parte sinistra dell'edificio e affreschi del pittore Pauri di Grottammare nel presbiterio, nella cupola sovrastante l’altare e nella parte superiore della navata centrale. Nella zona conventuale rimane il chiostro ad archi a tutto sesto sostenuti da colonne ottagonali in pietra. Recenti ristrutturazioni hanno fatto riemergere l'antico splendore. Ogni anno il 31 maggio si organizza una fiaccolata con i lumi, per rendere omaggio alla Madonna.

Da Ripe frazione del comune di Civitella del Tronto ci si avvia verso le bellissime Gole del Salinello, .ai piedi dei Monti Gemelli, riserva naturale protetta. uno dei valloni più spettacolari di tutto l’Appennino,  attraversate dal fiume Salinello in un panorama di incontaminata bellezza e da sentieri escursionistici suggestivi. Sono presenti tutti i mammiferi che vivono all'interno del parco della laga. Camminando per i sentieri è frequente incontrare tracce del passaggio di lupi, cinghiali, volpi e tassi. Le pareti delle gole offrono l'habitat naturale per la nidificazione di numerose specie di volatili, tra cui l'aquila e il corvo reale. Nelle acque del fiume vive la trota fario. L’acqua del fiume ha scavato la roccia scorrendovi con le sue acque limpide e fredde e lungo le gole dove si stringono le pareti di roccia, alte fino a duecento metri, le acque si tuffano con un salto di 35 metri nel fiume creando una piscina naturale le cui acque in estate non superano i 16 gradi. L'arrivo sotto la cascata del Salinello, unica presente nelle Gole, conosciuta come Cascata del Caccamo (lu Caccheme) è una meta escursionistica suggestiva in uno scenario naturale intatto attraverso un percorso non troppo impegnativo. Da qui è possibile raggiungere l'eremo di Santa Maria Scalena, la Grotta di San Marco, la  Grotta di sant’Angelo, dove sono presenti testimonianze dell’età del bronzo e del neolitico.

La Grotta di Sant'Angelo, nel cuore della Montagna dei Fiori, è una delle cavità rupestri più interessanti della preistoria italiana dei Monti della Laga.  Nella grotta, , a 600 m. s.l.m., si entra attraverso un portale in pietra che immette in un corridoio, con gradini scavati nella roccia, da cui si sbocca in un vasto ambiente alto circa trenta metri e largo altrettanto, per una lunghezza di circa quindici metri. Sulla destra si apre una enorme finestra naturale, raggiungibile salendo diversi scalini, che si apre sulla vallata del Salinello. Vi si sono condotti degli scavi che hanno permesso di individuare reperti che vanno dal periodo neolitico all’età romana, oltre naturalmente a quelli della nota presenza eremitica. Gli scavi archeologici condotti a partire dagli anni ‘60 hanno restituito reperti che vanno dal Neolitico (V millennio a. C.) fino all'età del Ferro (I millennio a. C.), mentre i resti di epoca medievale sono relativi all'eremo che qui si insediò attorno al XIII secolo. Pare certa la frequentazione della grotta nel periodo neolitico per scopi cultuali: oltre alle numerose buche scavate per i riti di fertilità della terra, si è rinvenuta una ricca industria litica e su osso e numerosi oggetti di ornamento e cultuali. La grotta è stata per molti secoli un importante luogo di culto e ancora oggi è meta di pellegrinaggi in onore di San Michele Arcangelo

L'eremo di Santa Maria Scalena o Santa Maria delle Scalelle sorge su un banco roccioso, nella Valle del Salinello. Sulla parete più alta a picco sulle Gole del Salinello, nell'area dei Monti Gemelli, a 750 m. s.l.m., si scorgono due piccole cavità: è l'eremo di Santa Maria Scalena. L'ingresso all'eremo avviene dalla cavità laterale, larga circa 5 metri, la cui parte destra è occupata da una piccola cisterna e quella sinistra da resti di alcuni gradini che portano al centro della grotta. Sulla parete è dipinta una Madonna piangente con la scritta Sanda Maria Dei Gratia. Secondo la tradizione in questo ambiente gli eremiti trascorrevano periodi di rigoroso isolamento e di penitenza. Al centro della grotta è un rozzo altare ricavato nella roccia, nella cui parte superiore conserva tracce di un affresco reso ormai illeggibile dai tanti nomi che vi sono stati graffiti. A sinistra un'apertura offre una panoramica veduta della valle.  Nel lato destro la grotta si trasforma in uno stretto cunicolo che, con lievi curve, penetra nel monte per alcune decine di metri. La parte finale del cunicolo è coperta con lastroni; alcuni ipotizzano che si tratti di un luogo di sepoltura, devastato recentemente per cercare tesori inesistenti. Dei conci di un portale fanno ipotizzare che uno dei due ingressi all'eremo fosse completamente murato e dotato di una porticina o di una finestra. Di lato all'ingresso una ripida scalinata scavata nel banco roccioso conduce ad una piccola grotta. Durante gli scavi archeologici sono stati rinvenuti nella cella eremitica resti di ossa umane, di una faina ed un piccolo frammento di ceramica cinquecentesca.

L. Toppeta 11-01-2021

 

 


 

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